Presupposti della visione rinascimentale dell’uomo e del mondo

Ma dove scaturisce questa nuova visione dell’uomo e del mondo?

Le radici sono diverse e non sempre facili da identificare. Semplificando al massimo si possono individuare due radici fondamentali:

  1. il nuovo spirito “imprenditoriale” caratteristico della civiltà italiana delle signorie, sempre meno “coperto” (come avveniva ancora in Dante) dall’esigenza di inquadrarlo in una prospettiva gerarchica di tipo medioevale;
  2. l’apporto culturale dei dotti migranti dall’impero romano d’Oriente in disfacimento, portatori di una cultura filosofica platonica e, in parte, aristotelica sempre viva e mai tramontata.

Leggi al riguardo questa sintesi e cfr. U1, §§ 1-4, pp. 2-6; cap. 3, § 1, pp. 17-18; § 3, pp. 19-20§§ 5-6, pp. 21-26 (fino a Pomponazzi escluso).

Dal punto di vista strettamente filosofico sono fondamentali le intuizioni di Niccolò Cusano, sotto un duplice profilo:

  1. la messa in luce dei limiti del sapere, nella Dotta ignoranza (1440), che comportano l’apertura a diverse prospettive filosofiche sul principio (come si legge in questo testo di Cusano), ribadite anche nel dialogo La pace nella fede del 1453;
  2. la nuova immagine (anche di matrice platonica) di Dio e dell’universo che emerge soprattutto dalla Dotta ignoranza e dalla Congetture: Dio e universo sono concepiti come entrambi infiniti (a differenza che nell’immagine aristotelica di un universo finito, coltivata nel Medioevo, cfr. Dante) ed embricati l’uno nell’altro, in modo tale da suggerire che in ciascuno di noi e nella natura fuori di noi sia presente (potenzialmente) Dio e che ogni cosa sia contenuta in ogni altra (“tutto in tutto”, come sosteneva già Anassagora nel V sec. a. C.), giustificando così la pratica della magia e dell’astrologia, ma gettando anche le basi della prossima “rivoluzione scientifica”.

Sulla magia cfr. U1, cap. 4, §§ 1-2, pp. 38-41.

Come detto in aula e ribadito in questa pagina già sopra richiamata, un filosofo che trasse molte sue dottrine da Cusano (e per questo fu perfino accusato di plagio dai dotti inglesi), ma che le sviluppò al di là dell’ortodossia cattolica, dedicandosi anche a magia e astrologia ed enfatizzando l’intuizione che “tutto è in tutto” (Dio nella natura, ciascuno di noi in Dio e nella natura ecc.) e che ogni cosa ama ogni cosa, fu Giordano Bruno (che ritroveremo come precursore della rivoluzione scientifica), che morì arso vivo a Roma, nel 1600, in Campo dei Fiori, a seguito della condanna a morte, per eresia, comminatagli dal tribunale dell’inquisizione (siamo in piena Controriforma e dottrine che nel Quattrocento erano accettate o, perfino, promosse da illustri esponenti della Chiesa, alla fine del Cinquecento venivano giudicate eretiche). Cfr. U1, cap. 4, § 4, pp. 43-48.