Che fare se tutto è materia?

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2019-01-23 Tutto il giorno

Dopo aver letto la sintesi relativa all’immagine del mondo degli antichi atomisti (principalmente Democrito ed Epicuro), approfondendola anche sulle pagine del manuale ivi indicate, rispondi al seguente quesito:

  • In una prospettiva radicalmente meccanicistica come quella degli antichi atomisti (e anche di molti di noi) come dovremmo ragionevolmente comportarci (per conseguire il massimo bene che ci è dato conseguire)?

Invece di rispondere direttamente alla domanda, puoi anche discutere la risposta di un tuo compagno o di una tua compagna (dichiarandoti d’accordo con lui o con lei o, invece, in disaccordo, sempre spiegando le tue ragioni). Puoi anche discutere la discussione di un altro compagno o di un’altra compagna o replicare alla discussione di altri alla tua risposta. A questo scopo devi cliccare “rispondi” sotto il post del compagno o della compagna con cui intendi discutere.

24 pensieri su “Che fare se tutto è materia?

  1. Essendo che una prospettiva radicalmente meccanica non ammetta l’esistenza di un essere maggiore e/o divino, e che questa per studiare la natura non ammetta lo scopo dei fenomeni, ma la loro causa; trovo difficile pensare a un comportamento corretto che tutti seguiranno. Poiché ogni essere è dotato di ragione (diversa per ognuno, ma con la stessa quantità di atomi disposti in ordine o forme diverse) senza almeno un parametro etico, ognuno dirà ed eseguirà ciò che ritiene corretto e meglio per sé. Inoltre non ci sarebbe nemmeno uno scopo alle azioni eseguite perciò tutto avrebbe un fine inesistente e questo potrebbe portare all’infelicità e all’inutilità dell’essere razionale, che proprio per la presenza della razionalità necessita di un obbiettivo che lo porti precedentemente a percorre varie strade, in cui crescerà e si formerà. Infatti, proprio per la razionalità di cui ogni uno è dotato si potrà forse arrivare alla conclusione che per mantenere la pace e uno stato di equilibrio sano a tutti, si deve stabilire un parametro e forse credere a qualcosa o qualcuno che possa aiutare a conseguire il massimo bene.

    1. Premesso che lo “scopo” secondo Aristotele è un tipo di “causa” (dunque quando Martina scrive che la prospettiva meccanicistica ammette solo “cause” intende evidentemente cause meccaniche, cioè materiali ed efficienti), siamo tutti d’accordo? In mancanza di cause finali (“scopi”) ognuno dirà e farà quello che ritiene corretto (si cadrebbe in una forma di relativismo, come quello sostenuto dai sofisti) o, perfino, tutto perderà significato (nichilismo) e si sarebbe infelici e ci si sentirebbe inutili? Chi vuole può dire la sua a favore o contro rispondendo (come sto facendo io ora, a titolo di esempio) direttamente a Martina (non a me). Chi così replica assolve il compito (non deve anche scrivere la sua risposta).

  2. In un universo in cui tutti gli uomini negano l’esistenza di una (o più) entità divine, per conseguire il massimo bene che ci è dato conseguire, è necessario che vengano poste delle cosiddette “regole di convivenza” grazie alle quali ognuno di noi può comportarsi nel modo migliore rispettando se stesso e gli altri.

    Poste queste regole potrebbe sorgere il problema del perché vengono poste da un determinato gruppo di persone piuttosto che da un altro.

    A mio parere, senza la presenza di un’entità divina non è possibile (o potrebbe essere molto difficile) determinare perché il primo gruppo di persone (quelle che scelgono le leggi) è più adatto a quel tipo di ruolo e invece il secondo gruppo non lo è.

    Quindi se dovessimo creare un nuovo mondo seguendo queste regole (in cui tutti siamo uguali tra di noi e non esiste nessuna entità divina) questo “nuovo mondo” sarebbe in bianco e nero, evitando così le distinzioni dovute, per esempio, al colore della pelle o dei capelli, e nessuno di noi potrebbe provare emozioni. Tutti gli uomini sarebbero costretti a ripetere ogni giorno le stesse azioni (creando una specie di “routine”) non sapendo però chi le ha imposte e il perché.
    Il risultato sarebbe un mondo definito utopistico.

    1. Anche io sono d’accordo conciò che afferma Eleonora poichè, ammettendo che non ci fosse un dio, bisognerebbe creare delle regole per convivere l’uno con l’altro ma ciò diventerebbe molto complicato. Tuttavia in assenza di queste regole fisse le persone non sarebbero spinte a fare determinate azioni come ad esempio pagare le tasse o svolgere qualsiasi faccenda giornaliera di conseguenza ogni persona farebbe ciò che per lui è il meglio che non è detto che sia il meglio anche per un’altra.

    2. Concordo con Eleonora infatti senza un entità superiore che ci “dica cosa fare e che stabilisca delle regole” su cui basarci diventa molto complicato vivere.
      Forse creando una sorta di pensiero che ci guida nelle nostre azioni sarebbe la soluzione ma comunque impossibile perchè chi ha stabilito il giusto e il sbagliato?
      Come già detto perchè un gruppo di persone dovrebbe fare delle regole che devono essere rispettate da altri e non gli altri a fare le regole per loro?
      Se succedesse una cosa del genere il mondo che si verrebbe a creare sarebbe monotono senza differenze tra l’uno e l’altro e come ha detto Eleonora si verrebbe a creare una routine.

    3. Ho letto più volte la sintesi relativa all’immagine del mondo degli antichi atomisti e devo dire, leggendo anche i pensieri dei miei compagni di classe sottostanti, di essere d’accordo con la mia compagna Eleonora Cabai( una delle prime a riportare il proprio pensiero) .
      Infatti ritengo che se non esistesse un entità superiore a noi , ad imporci delle regole fisse valide non solo per un individuo ma per l’insieme , non esisterebbe una legge unica valida per tutti e si verrebbero a formare delle regole per ciascuno che appartiene all’insieme delle persone, con la conseguenza di creare conflittii, e crisi sociale, economica, eccetera…

      1. Io mi trovo parzialmente in disaccordo con quello sostenuto da Eleonora e dagli altri miei compagni , poiché secondo me per la sopravvivenza servono sicuramente delle “regole di convivenza” , però non è necessario che ci sia un’entità divina perché queste siano rispettate. Basti pensare agli animali come i lupi che vivono in branco , pur non avendo nessuna divinità vivono ogni giorno rispettando le proprie “regole” stabilite dal più forte, ovvero il capo branco. Anche noi umani scegliamo sempre un capo o un punto di riferimento il quale stabilisce le nostre regole. Quindi anche in un universo in cui gli uomini negano l’esistenza di una o più entità divine qualcuno prevarrebbe sugli altri e si verrebbe a creare una gerarchia .

    4. Io mi trovo d’accordo con ciò che ha detto Eleonora.
      Una società dove le leggi della convivenza civile siano accettate e rispettate da tutti e senza eccezioni è indubbiamente irraggiungibile, perché la natura umana non è in grado di regolarsi perfettamente senza un intervento esterno, che dia delle certezze sulle quali basare la propria morale.
      La natura di questo intervento può essere molteplice (si può concretizzare nel credo religioso oppure nella comparsa di capi o gruppi ritenutisi superiori) ma, a causa delle debolezze della natura umana (derivando da quella animale è quindi condizionata anche dall’istinto, oltre che dalla ragione) della sua necessità c’è quasi una certezza assoluta.

      Però aggiungerei che il mondo che verrebbe a crearsi se ci fosse una completa e non trasgredibile aderenza alle regole di convivenza, sarebbe da definire distopico anziché utopistico, dato che farebbe perdere quasi ogni stimolo alla propria vita, eliminando desideri e ambizioni e rendendo la realtà quasi sterile e senza alcun significato.
      E’ anche vero però, che attuando una maggiore presa di coscienza sarebbe possibile scendere ad un giusto compromesso, e non quindi ad un utopia ma ad un miglioramento della società, cercando di promuovere l’armonia anziché la discordia, di rispettare la propria libertà e quella altrui e di prendersi le proprie responsabilità, per quanto possibile, nella propria vita.

  3. Per rispondere a questo quesito postomi, devo quindi pensare di vivere in una vita distaccata da tutti i valori religiosi che ci circondano. Partendo da questa frase da lei citata : “Come dovremmo comportarci per essere felici?” , la mia opinione è che adesso come adesso la chiesa, o meglio i valori che sta cercando di darci, col passare del tempo e con le scoperte in campo scientifico e fisico sta perdendo di credibilità, però se ragioniamo, l’essere umano fin dalla sua nascita ha sempre dovuto credere in qualcosa che in qualche maniera gli desse sicurezza, ma all’origine l’uomo non era così ricco di informazioni come l’ho è adesso, però analizzando meglio la frase, io penso che lo studio dell’anatomia del nostro corpo, ma più in particolare le sue necessità in realtà non sempre combaciano con ciò che rende una persona realmente felice ma la rende forse più “sana”, per esempio a una persona da felicità, gioia, fare il suo lavoro però in realtà il luogo in cui si svolge come in una acciaieria potrebbe compromettere a medio lungo termine l’efficienza del suo apparato respiratorio quindi rendendolo dannoso.
    Da ciò la mia opinione è che l’uomo deve allontanarsi dalle storie che la religione ci racconta ma pero cogliendone i valori che possono dare un senso alla vita di una persone, che un atomo, a differenza, non può dare.

    1. Ma queste “storie” che l’uomo dovrebbe raccontarsi per dare un senso alla sua vita possono essere false? Se tutto dipende dagli atomi e qualcuno se ne accorge, come fa sinceramente a “raccontarsi” altre “storie” e poi crederci?

  4. Inizio premettendo che concordo pienamente con quello detto da Martina : anche io in una natura senza scopi o etica faccio fatica a individuare un possibile comportamento per “i corpi” e concordo con lei anche sul fatto che “ognuno , dotato di ragione , agirà nel modo che ritiene più opportuno” in quanto , secondo me, i corpi cercheranno di agire al fine di soddisfare al meglio le proprie esigenze, tuttavia però , essendo dotati di”intelletto” lo faranno rispettando gli altri (tranne forse qualche eccezione) in quanto non vogliono che i loro corpi vengano danneggiati ( poiché essi cercano appunto il meglio per se stessi) . Perciò ritengo che i corpi, in assenza di scopi ed etiche , essendo dotati di razionalità e intelletto, finiranno col stabilire un parametro e credere in qualcosa : finiranno quindi per trovare un accordo e creare un’etica.

    1. Senza (forse) volerlo convergi verso alcune prospettive etiche che effettivamente alcuni antichi atomisti coltivarono…

    2. io concordo con quello che dice Letizia, in un mondo in cui Dio non esiste noi come uomini siamo costretti a trovare un comportamento ‘ideale’ da seguire. Inoltre ognuno cercherà di agire nel miglior modo possibile, per far stare bene se stesso e cercando di non danneggiare gli altri.
      Ma dopo aver risposto e aver analizzato questo argomento mi faccio una domanda,noi la penseremmo in questo modo se non sapessimo dell’esistenza di Dio?
      Ho notato che in queste risposte sembra valere la frase ‘non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te’ e quindi? Penso che in questo momento molti di noi,io compresa, non possano veramente dare una risposta a questi interrogativi perchè siamo cresciuti con diversi valori e conoscenze diverse da quelli che avrebbero gli uomini con la visione meccanicistica

    3. Concordo con Letizia e quindi anche con Martina che l’essere di un oggetto non può essere solo materiale. Concordo con lei anche sul fatto che “ognuno, dotato di ragione, agirà nel modo che ritiene più opportuno” in modo di seguire i propri ideali essendo dotati da intelletto. Secondo me tutti i corpi cercheranno di crearsi o seguire un etica.

    4. Sono d’accordo con Zucchiatti infatti fin dagli inizi delle civiltà più antiche gli uomini primitivi cercavano il benessere per se stessi organizzandosi in tribù per collaborare con reciproco rispetto.

      1. Sono d accordo con il pensiero di Filippo che è anche quello di Zucchiatti perché se no vivremmo in un mondo anarchico

  5. In una prospettiva atomistica in cui l’uomo non crede alla presenza di un Dio, ognuno di noi potrebbe comportarsi in modo corretto perché sa che le sue azioni che siano positive o negative ipoteticamente potranno essere compiute anche da un’altra persona, così per evitare che i suoi comportamenti negativi possano essere ripetuti ed indirizzati verso egli stesso da un secondo tenderà di cercare di comportarsi in modo corretto. Una possibile critica a questo pensiero può essere il fatto che le azioni che uno ritiene sbagliate possano essere viste in un altro modo da altri, ma riguardo ciò si potrebbe arrivare a un compromesso tra le persone tramite regole concordate dalla società; seconda critica potrebbe essere che comunque chi è più forte di qualcun altro tenderebbe ad approfittarsene e perciò farebbe comunque del male senza paura di una possibile conseguenza, come accade nel mondo animale (ma che accade anche nelle civiltà credenti), ciò però potrebbe essere fermato da noi stessi, perché ognuno di noi ha una coscienza che la distingue dal mondo animale e per questa proverebbe rispetto nei confronti di se stesso e degli altri, evitando comportamenti irrazionali e pericolosi.

    1. Interessante ipotesi. Anche tu, come Letizia e Martina, sembri convergere verso una possibile “etica” materialistica. Considera, tuttavia, anche un’altra obiezione oltre a quelle che tu stessa ti sei fatta. Se tutto è “materia” e nessun Dio ti vede, perché non dovrebbe essere intelligente agire a tuo vantaggio, danneggiando magari gli altri, se sei certa di non essere individuata e, quindi, punita? Potresti replicare (come in parte fai nella tua risposta) che la “tua coscienza” ti vede. Ma il problema è proprio questo. Dove si trova e in che cosa consisterebbe la tua coscienza, se tu fossi solo “corpo” e non avessi alcun’ “anima”? Perché dovresti avercela? Non potrebbe trattarsi (come nel caso di Dio) di un’illusione indotta in te dall’educazione, una costruzione fallace di cui si serve la società per “addomesticare” i suoi membri (come sosterrà Nietzsche nell’Ottocento, ma, in embrione, già avevano intuito certi sofisti greci)?

      1. Comunque anche se la coscienza fosse vista come una costruzione della società esisterebbe e si potrebbe creare anche in un ambiente laico, così da poter prevenire certi comportamenti. Nonostante ciò quello che io chiamo coscienza può essere visto come un’intelligenza a lungo termine grazie alla quale ti puoi porre un traguardo nella tua vita per darle un senso e delle regole che seguirai per vivere meglio che in ogni momento ti diranno se ciò che fai corrisponde o meno al tuo obiettivo. Ovviamente ci possono essere molte cose da dire riguardo a ciò, ma del resto anche alcune person religiose nonostante la loro cultura continuano a comportarsi in modi incorretti rispetto alla loro morale.

  6. A mio parere, per conseguire il massimo bene che ci è dato conseguire, una persona dovrebbe vivere cercando di fare la differenza, lasciando una traccia anche piccola, ma positiva, nel mondo o nella vita di un’altra persona, indipendentemente da una presenza divina. Gli scienziati, ad esempio, pur essendo per la maggior parte atei e materialisti, dedicano la loro vita alla ricerca adoperandosi per il miglioramento dell’umanità. Questo risultato si potrebbe ottenere anche cercando di essere disponibili e solidali verso gli altri, facendo quindi il possibile per aiutarli anche in piccole cose. In questo modo possiamo dare uno scopo alle nostre vite contribuendo al miglioramento della società ed essendo quindi delle presenze significative, qualunque sia il nostro ruolo.

  7. Se dovessimo assumere una prospettiva radicalmente meccanicistica, ovvero supponendo che tutto avviene per una o più cause ben precise, per raggiungere il massimo bene che sarebbe possibile conseguire, ci potremmo comportare in modo che le nostre azioni, se ben possedenti cause ben precise, tra le quali anche semplicemente quella di sfamarci, rispettino il codice delle leggi e le persone che ci circondano. Se questo dovesse accadere in tal maniera, saremmo in grado di vivere all’interno di una società, il che si rivelerebbe a noi utile per la nostra stessa sopravvivenza, in quanto altrimenti, probabilmente, ci faremmo dei torti o, addirittura, ci uccideremmo a vicenda.

    1. Sono d’accordo con quanto dice la mia compagna Francesca Sofia Siega, infatti per raggiungere il massimo bene, sempre assumendo una prospettiva radicalmente meccanicista, a mio parere basterebbe comportarsi in modo rispettoso nei confronti dell’ambiente in cui ci si trova e delle persone con le quali si vive. Per esempio se dovessi inquinare l’ambiente in cui vivo, a lungo andare danneggerei anche me stesso perché non ci sarebbe più terra coltivabile o acqua potabile con la quale vivere, di conseguenza io non inquino non perché è contro gli ideali della religione in cui credo o contro ciò che viene comunicato dal capo dello schieramento politico a cui appartengo ma perché sono consapevole che comportandomi in questo modo non arrecherò danni a me stessa e alle prossime generazioni, tutte aventi lo stesso diritto di vivere in un mondo con acqua potabile e cibo a disposizione.

  8. A mio parere, in una prospettiva radicalmente meccanicistica dove nessuno sarebbe superiore a nessun altro e dove non ci sarebbe nulla in cui credere ognuno dovrebbe vivere cercando di aiutare gli altri. L’aiutare una persona però non dovrebbe essere usato per secondi fini come influenzarla con un proprio ideale facendole credere che ciò che dici è l’unica verità o l’unica cosa giusta. Secondo me le persone dovrebbero cercare di non causare problemi alle altre persone visto che non potrebbero esistere delle leggi, che li punissero per ciò che hanno fatto, dato che come detto in precedenza non si dovrebbe influenzare le persone con un proprio ideale.

  9. Secondo una prospettiva meccanicistica dove tutto è fatto di atomi che tendono a scontrarsi e a creare la realtà, compresi noi adesso, dovremmo comportarci sapendo già che come si può creare un legame può anche venire distrutto portandoci così alla morte. Sapendo anche che non esiste un’entità superiore ci dedicheremmo tutti a capire le cause e ragioni per le quali le cose accadono, permettendoci così di essere già molto più sviluppati di quanto lo siamo attualmente. Ciò per me non ci porterebbe al caos, ma bensì all’essere maggiormente uniti, intelligenti, sviluppati e collaborativi.