L’esperimento “comunista”

Tra gli storici si discute se e fino a che punto il sistema comunista (o del “socialismo reale”), inaugurato in Russia dopo la rivoluzione del 1917 e, quindi, dopo la seconda guerra mondiale, esteso a un gran numero di Paesi del mondo, crollato in gran parte del mondo dopo il 1989-91, ma ancora esistente, anche se in forme molto diversificate, p.e. in Cina, Corea del Nord, Vietnam, Cuba, possa essere considerato una forma di totalitarismo o, piuttosto, come sostenevano i suoi fautori, una forma di “democrazia popolare” provvisoriamente retta da una dittatura esercitata nei diversi Paesi dal partito comunista o, semplicemente, un tipico regime autoritario.

Un’altra questione riguarda la congruenza o meno di questi sistemi con l’originaria dottrina di Marx che essi invocano (o invocavano) come fonte di legittimazione (facendo di tali sistemi regimi di tipo marxista-leninista).

In particolare una doppia immagine degli esiti della rivoluzione d’ottobre (di fatto un colpo di Stato, ampiamente annunciato, che non incontrò troppe resistenze, dopo che nel luglio i bolscevichi, prima esiliati, poterono fregiarsi del fatto di avere impedito il colpo di Stato militare del generale Kornilov, tentato a seguito del fallimento dell’offensiva di Kerenskij contro di Tedeschi) è quella offerta rispettivamente

da Antonio Gramsci, fondatore del Partito Comunista d’Italia (nel 1921, inteso come sezione nazionale della nuova internazionale comunista facente capo al neonato Partito Comunista russo, ridenominazione della frazione bolscevica del Partito Socialdemocratico), ma non per questo meno consapevole delle differenze tra la dottrina marxiana originaria e l’approccio di Lenin, e

da Rosa Luxemburg, rivoluzionaria tedesca, a sua volta consapevole di tali differenze e assai critica verso Lenin (nel quadro della tentata instaurazione di una “repubblica di consigli”, sul modello sovietico, nella Germania appena uscita dal disastroso conflitto mondiale):

  1. una rivoluzione contro il Capitale (articolo del 1917, che qui puoi scaricare – è piuttosto breve – in cui Gramsci intende il Capitale, non come ciò la cui detenzione da parte dei capitalisti è all’origine dello sfruttamento degli operai, ma come il titolo dell’opera di Marx: la rivoluzione bolscevica sarebbe stata realizzata, secondo Gramsci, anticipando i tempi, tentando di cattivarsi l’appoggio dei contadini, oltre che degli operai,  in una fase di scarso sviluppo capitalistico, ossia in assenza della condizioni economiche previste da Marx);
  2. una dittatura non del proletariato, ma (del Partito Comunista) sul proletariato

Per approfondire tali questioni si legga questa pagina sulla rivoluzione russa del ’17 e quest’altra sull’evoluzione dell’Unione Sovietica nata sulle ceneri dell’impero zarista durante il periodo staliniano. Per farsi un’idea visiva (utile a fini mnemotecnici) di questi sviluppi si suggerisce caldamente di fruire anche di almeno alcuni dei video ivi linkati (in particolare della puntata di Rai Storia relativa a Stalin di cui abbiamo parzialmente fruito in aula).

Si consolidi la preparazione sul manuale (III vol.), § 5.3, pp. 184-91; § 8.3, pp. 293-98.