Immagine e idea dal Partenone a Hegel

Come “interludio” tra i primi incontri che abbiamo avuto su Hegel e il vostro (invidiabile) viaggio d’istruzione in Grecia, vi riassumo brevemente la “chiacchierata” (un po’ unidirezionale, ma ci rifaremo) che abbiamo fatto a partire dallo stimolo costituito dalla “scoperta” greca (pitagorica)  della sezione aurea.

Ecco il video sui misteri “metrici” del Partenone di cui avrei voluto fruire con voi in aula:

Come avete ascoltato e visto, pare proprio che chi ha edificato il Partenone (come la Natura nel “progettare” la struttura di diversi organismi viventi) abbia tenuto conto della sublime “sezione aurea“, un rapporto “naturale”, in qualche modo “oggettivo”, nel senso di non arbitrario o casuale, che, nella prospettiva di Platone (che sicuramente avrà compiuto più di una passeggiata dialogando con Socrate all’ombra del Partenone), potrebbe esprimere visivamente, sensibilmente alcunché di “ideale”, di perfetto, essere, insomma, simbolo o icona della perfezione delle verità “iperuranie”.

D’altra parte abbiamo anche sentito che, a quanto pare, il Partenone è stato costruito, grazie a opportune “distorsioni” nelle sua edificazione, in modo da simulare una perfezione e un ordine, in effetti, mancanti (si potrebbe precisare: necessariamente mancanti, proprio per poter essere simulati!). Si tratta di quel carattere tipico di certa arte greca classica (e ancor più tipico di certa arte ellenistica e romana, contraddistinta da celebri soluzioni “illusionistiche”, anticipatrici, per certi versi, della prospettiva rinascimentale) stigmatizzato proprio da Platone, nella Repubblica.

Giustiniano_TeodoraIn generale Platone distingue due tipi di “immagine”: l’icona che si propone francamente come semplice immagine e che, perciò, rinvia all’idea di cui è meramente simbolo (si pensi alle icone “bizantine” e, in generale, alla pittura cosiddetta bizantina, che non cerca in alcun modo di simulare la profondità spaziale e rifugge in ogni modo dal “realismo” prospettico) e il fantasma, che simula di essere ciò che non è.

iconaN.B. Per ironia della sorta nonostante gli sforzi anti-realistici dei pittori e musaicisti “bizantini”, come sappiamo, nell’VIII secolo si scatenò in Oriente una violenta campagna icono-clasta, giustificata dal fatto che molti fedeli tendevano a scambiare idolatricamente le sacre icone per le figure ivi rappresentate (Cristo, la Madonna, questo o quel santo ecc.); in termini platonici: ne facevano un fantasma e riservavano loro l’adorazione dovuta, invece, ai rispettivi soggetti rappresentati.

Si potrebbe considerare tale contrapposizione come legata alla contrapposizione tra l’opinione (o l’apparenza) e la scienza (o la verità), sorta con l’inizio della filosofia (in particolare con Parmenide di Elea, di un secolo e mezzo anteriore al Partenone). L’apparenza (in quanto icona) può essere riconosciuta francamente come tale, alludendo, perciò, a una verità invisibile oppure (in quanto fantasma) può essere scambiata, ingannevolmente, per la verità.

I sofisti, tipicamente, secondo la prospettiva platonica, cadevano in questo errore.

Partenone_facciataFacciamo un esempio. La facciata del Partenone (timpano escluso) si presenta come rettangolare in prospettiva centrale, mentre appare trapezoidale se osservata obliquamente. Protagora avrebbe probabilmente sostenuto che il Partenone è di volta in volta esattamente come appare (a ciascun uomo, misura di tutte le cose). Platone avrebbe probabilmente opposto non tanto (come certe ricostruzioni sembrano suggerire) che in “verità” la facciata è semplicemente rettangolare (come appare in prospettiva centrale, privilegiando, così, una prospettiva), quanto che essa è qualcosa di invisibile agli occhi, ma presente, come idea, alla mente dell’architetto, identica per ogni possibile prospettiva.

Come si ricorderà, Platone, sulla scia di Parmenide, esemplifica l’opposizione tra l’opinione (o l’apparenza) e la scienza (o la verità) ricorrendo all’immagine del segmento diviso in quattro parti, verosimilmente proprio secondo proporzioni “auree” (in base alle quali possiamo affermare che come le  ombre stanno alle cose di cui sono ombra, così le cose stanno alle idee di cui le cose sono esempi o immagini, sicché, per citare il titolo di un’opera di Giordano Bruno, nel mondo sensibile abbiamo sempre solo a che fare con umbris idearum).

segmento_platonico

In rapporto a Hegel ci interessa, tuttavia, approfondire il rapporto tra i due segmenti nei quali si divide il segmento relativo all’intelligibile (o alla scienza): il primo segmento si riferisce alle idee in quanto semplici ipotesi, premesse da cui ricavare per deduzione tesi o conclusioni, vere solo a condizione che siano vere le premesse (come nel sillogismo aristotelico o nei teoremi della geometria euclidea, che da quello metodologicamente derivano); il secondo segmento si riferisce alle idee in quanto principi an-ipotetici (non ipotetici), fondamento di ogni scienza, conseguibili non, come le conclusioni logiche, per via deduttiva, magari con l’aiuto di immagini (come procedono i matematici, che, spesso – dice Platone – scambiano le ipotesi, in quanto assunte come assiomi, con principi, ossia con verità assolute), ma, risalendo di premessa in premessa, mediante la dialettica.

Che differenza c’è, però, tra la dialettica platonica e quella di Hegel? Difficile dirlo. Bisognerebbe essere vissuti al tempo di Platone e aver seguito il suo magistero orale.

I dialoghi dialettici di Platone, come il “terribile” Parmenide, sembrano suggerire che la dialettica, sviscerando le contraddizioni di ogni “idea” esaminata, assolvesse un ruolo di purificazione (catarsi) mentale: eliminate le illusioni della mente (i “difetti mentali” come direbbero i buddhisti), le conclusioni infondate, le opinioni distorte ecc., rimane la verità che, in fondo, abbiamo sempre saputo, di cui ci eravamo dimenticati. In generale per gli antichi la filosofia era dialogo vivo (considerati anche i limiti della scrittura), in cui ciascun praticante era responsabile del proprio sviluppo spirituale.

EnzyklopaedieIn Hegel, invece, la verità si presenta come qualcosa che può essere presentato per iscritto in un sistema, in un intero di conoscenze che, solo, può rendere pienamente intelligibili le sue parti (le singole nozioni). La dialettica, come in Platone, mette bensì in luce le contraddizioni di ogni “idea” o “concetto”, ma, in Hegel, solo per risolverle in un concetto di ordine superiore, a sua volta tale da generare antinomie e così via fino ad inanellare (p.e. nell’Enciclopedia delle scienze filosofiche) tutti i principali concetti dello scibile umano, ordinati logicamente e non alfabeticamente, cioè, in definitiva, accidentalmente (come avviene nell’Encyclopedie degli illuministi e, in generale, in tutte le moderne enciclopedie).