La conciliazione leibniziana

Concludiamo (quasi) il nostro modulo sulla (prima) filosofia moderna approfondendo un autore che prova a compiere un “miracolo”: conciliare razionalismo ed empirismo, libero arbitrio e predestinazione divina, (ancora) libero arbitrio e determinismo meccanicistico, scienza moderna e filosofia aristotelica… tentando di risolvere tutti i problemi lasciati aperti dagli autori precedenti (il dualismo mente/corpo, l’azione gravitazionale a distanza attraverso il vuoto ecc.) in modo brillante e inedito.

Si tratta del filosofo tedesco, di origine polacca, Gottfried Leibniz (o Leibnitz o Lubenicz).

Per prima cosa cerchiamo di capire come Leibniz provi a conciliare razionalismo ed empirismo, distinguendo tra verità di ragione e verità di fatto (cfr. U4, cap. 3, § 3, pp. 316-17) , e come questa stessa distinzione gli permetta di conciliare il libero arbitrio (basato sul principio di ragion sufficiente, sul quale si fondano le verità di fatto) con la fede nella predestinazione divina (dunque, politicamente, cattolici e protestanti, il cui conflitto aveva qualche decennio prima insanguinato la patria di Leibniz nella guerra dei trent’anni; cfr. ivi, § 7, pp. 329-31, pagine del manuale che, tuttavia, non chiariscono fino in fondo il rapporto, in Leibniz, tra gnoseologia e teologia).

Quindi approfondiamo la complessiva dottrina leibniziana partendo dalla centralità assegnata da questo filosofo alla nozione di “forza” interpretata classicamente come espressione di alcunché di vivo, di sostanziale e di finalizzato.

Per approfondire la questione dell’interpretazione leibniziana della nozione di forza è utile sfogliare questa discussione di Max Jammer.

Se si prendono le mosse da questa prospettiva “fisica” si può poi intendere meglio il senso della monadologia leibniziana e perfino dalla altrimenti “oscura” dottrina dell’harmonia praestabilita nella successione delle percezioni delle monadi. Cfr. U4, cap. 3, §§ 1-2, pp. 312-14; § 4-6, pp. 317-326.