Come estendere i diritti sociali e la ricchezza?

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2019-11-28 Tutto il giorno

Studia (anche in vista della prova di mercoledì 4 dicembre) l’unità didattica di Filosofia su Marx con tutte le risorse on line e off line che la corredano, nonché l’unità didattica di Storia sull’evoluzione del socialismo e del movimento operaio con le relative risorse.

Immagina, quindi, di essere un “filantropo” dell’Ottocento, come Robert Owen, e di desiderare la massima riduzione possibile delle differenze socio-economiche tra le persone di un dato Paese, cioè la redistribuzione più equa possibile della ricchezza prodotta dalla nazione.

  • Quale linea d’azione di sarebbe sembrata più promettente (tra quelle suggerite, ad esempio, da questo o quel “socialista utopista”, da Marx, dai massimalisti marxisti, dai riformisti, dai revisionisti à la Bernstein,  dai sindacalisti delle Trade Unions, dai cattolici democratici, dai mazziniani, dai liberali ecc.) e perché?

18 pensieri su “Come estendere i diritti sociali e la ricchezza?

  1. Ritengo che tra le organizzazioni sopra citate la più valida sia quella delle Trade Unions, in quanto la presenza di sindacati è tutt’ora una parte integrante del sistema economico, ciò significa che tale idea non è stata utile solo in Inghilterra in quel determinato periodo, bensì si è rivelata fondamentale negli ultimi 200 anni(se non per alcuni lassi di tempo in cui vennero proibite perchè viste come dei potenziali centri rivoluzionari).
    Il fatto che nonostante gli enormi progressi nel campo economico non abbiano modificato l’importanza di queste organizzazioni mi fa pensare che tra tutti i concetti citati nella domanda, questo fosse il più promettente.

    1. Interessante la tua argomentazione basata non tanto sull’impianto teorico di un approccio alla questione operaia, ma sul suo successo storico. Attenzione al lessico: non sono stati “citati concetti”, ma ricordati movimenti politici e sociali.

  2. Alcuni socialisti, quali Robert Owen, Saint-Simon e Pierre-Joseph Proudhon, non sono ben accolti da Marx perchè “producono un finto socialismo, un’ ideologia”, insomma scrivono libri ma non fanno nulla di concreto con tali progetti utopistici. Marx cerca una rivoluzione, che si ottenga pacificamente o che si passi all’uso della violenza, non ha importanza, ciò che realmente conta è il momento opportuna per attuarla. Tale momento però, come si è visto, non arriva mai (alla morte di Marx, i suoi seguaci, ottengono vantaggi per la classe operaia, spostando così la rivoluzione a sempre più in la fino a mai più). Io invece ho trovato interessante e valido il progetto azionato da Robert Owen su “imprenditori filantropi”. Owen, infatti, essendo lui stesso un imprenditore, realizza l’azienda “New Harmony” con l’idea appunto filantropa. L’azienda fallisce. Più avanti decide quindi di fondare insieme ad altri i primi sindacati inglesi “trade unions” dove tutti elevano le condizioni degli operai e nessuno fa concorrenza agli altri; la lotta delle singole aziende sui diritti della classe operaia non può infatti riuscire da sola ma è necessario che tutti i proprietari di aziende nel mondo concordino su alcune regole di base. Tutto ciò, tuttavia, per quanto bello possa essere, rimane di difficile realizzazione: è arduo mettere d’accordo poche aziende di un solo paese, immaginate quanto possa essere ancor meno attuabile un’ idea simile su scala mondiale (ancora oggi non siamo riusciti in questo!). Cosa fare allora? Bernstein sembra essere la soluzione meno utopica e razionale su cui concordare: perchè aspettare qualcosa che non arriverà mai, la rivoluzione, quando si può richiedere maggiori benefici per la la classe lavoratrice?

    1. Mi sembra che tu abbia svolto un’ottima e documentata analisi, dalla quale hai tratto una conclusione coerente e convincente. Attenzione, però, a non scivolare nello “scuolese”, cioè nel tentativo di dimostrare che si è studiato tutto, mentre l’obiettivo era rispondere al quesito. A scanso di equivoci avresti potuto invertire l’ordine degli elementi del tuo testo, dichiarando fin dall’inizio che avresti sostenuto Bernstein e poi indicandone le ragioni. Il “gioco” consisteva nel fingere di essere un filantropo dell’epoca, non una studentessa di oggi…

  3. A parer mio la linea d’azione più promettente è quella proposta da Bernstein, che con il suo riformismo socialistico era contrario a Karl Katusky, esponente dei marxisti ortodossi. Bernstein, infatti, criticava la rivoluzione come mezzo per arrivare a trasformare la società controllando i mezzi di produzione, così come non condivideva l’idea di essere arrivati al culmine del capitalismo.
    Alla base della socialdemocrazia e del riformismo sociale, di cui lui ne è un sostenitore, sta l’idea che la classe operaia avesse la possibilità di trarre vantaggi dal regime capitalistico, perché fondato sulla divisione del mercato e del lavoro. Non bisogna quindi favorire la lotta tra le classi ma formarle alla democrazia, elevando anche le classi operaie e trasformando il sistema politico nel senso della democrazia, che può essere raggiunta solo con la collaborazione.
    È meglio quindi avanzare attraverso riforme graduali e formare una democrazia parlamentare, perché solo in questo modo si potrà distribuire equamente i prodotti dello stato, senza usare una rivoluzione come sostenevano i marxisti ortodossi. Il capitalismo infatti aveva migliorato le condizioni di vita della classe operaia, non aveva contribuito al suo deterioramento, tant’è vero che l’ipotesi sul crollo dell’economia si è rivelata infondata, perchè i ceti medi non sono crollati.

  4. Secondo me la linea più promettente sarebbe stata quella del revisionismo ideato da Bernstein, in quanto concordo con la critica mossa dal filosofo tedesco a Marx, sostenendo che la rivoluzione non sia l’unico metodo possibile a disposizione del proletariato per giungere ad una trasformazione della società capitalista in via di sviluppo. Ritengo che sia fondamentale, e soprattutto moralmente accettabile, l’obiettivo di organizzare politicamente la classe operaia e formarla alla democrazia, attraverso un progetto riformista e graduale che sia in grado di farla progredire socialmente senza l’utilizzo della violenza e del controllo forzato dei mezzi di produzione.

  5. secondo me la linea d’azione piu effettiva proposta da marx sarebbe la rivoluzione del proletariato perche toglierebbe i guadagni alle classi elevate le quali sarebbero disposte a fare di tutto per risolvere un problema del genere

  6. la linea d’azione a cui avrei aderito penso che sarebbe stata quella di Marx poichè, nonostante sia a mio avviso inattuabile, dal punto di vista ideologico e degli obbiettivi a cui mira ritengo che sia la piu coerente e ragionevole.

  7. Avrei seguito la linea di azione di Robert Owen proponendo un modello di fabbrica basato sulla cooperazione in modo da creare equità e giustizia sociale; dove gli scambi avvengono tramite buoni lavoro e tutti i mezzi di produzione sono in comune. Analogamente a lui avrei incrementato la quantità e qualità della produzione attraverso condizioni di lavoro più umane. Poiché sostengo che un lavoratore soddisfatto e felice è sicuramente più produttivo di uno frustrato che lavora in un ambiente negativo.

  8. Personalmente non sono un grande esperto di politica, quindi non saprei neanche giudicare quale di queste linee d’azione possa essere la migliore. Dal mio punto di vista, ignorante, posso solo affermare che non esiste un sistema di governo più giusto di un altro dato che bisogna cosa si intende per giusto, giusto per lo Stato o giusto per il cittadino? Penso che in base alla cultura presente in un determinato Stato alla potenza economica e sociale che quest’ultimo abbia si possa definire quale dei sopra elencati nella domanda sia il miglior sistema.

    1. Capisco la tua incertezza (o prudenza) in campo strettamente politico. Ma la domanda era più “sociale” che “politica”. Avresti dovuto immaginare di essere un privato animato da buone intenzioni, non il “padre costituente” di un nuovo Stato più giusto. Lo Stato poteva essere l’Inghilterra o la Francia dell’Ottocento, dunque uno Stato già esistente. Ti si chiedeva, in sostanza, in quel determinato contesto (variabile assegnata) come avresti potuto fare se avessi voluto aiutare la classe operaia, supponendo, eventualmente, che tu disponessi di risorse economiche. Avresti messo in piedi una fabbrica modello, fondato un sindacato, un partito politico ecc.?

  9. Se fossi stato un filantropo dell’ottocento, molto probabilmente avrei sostenuto l’azione sindacale, inquanto ritengo che, anche se magari minimamente, avrebbe potuto cambiare effettivamente le condizioni dei lavoratori in meglio. Le altre idee e ” progetti” ritengo sarebbero stati utopici o molto difficili se non impossibili da realizzare. Ad esempio le idee di Marx, per quanto potessero essere buone, avrebbero richiesto che l’ intera popolazione mondiale aderisse ad esse affinché potessero funzionare bene.

    1. Mi sembra che tu abbia messo in campo una discreta argomentazione, per quanto sintetica sia la tua risposta.

  10. Se dovessi scegliere una linea d’azione netta o sceglierei quella di Owen, che afferma la creazione di fabbriche dove tutti i dipendenti lavorano in armonia, hanno uno stipendio uguale e non si creano disuguaglianze tra i dipendenti. Però, come si è visto in futuro e come si vede tutt’ora, ciò non è possibile. Quindi una via più reale ed efficace (ma forse meno Bella) sarebbe una specie di fusione tra il pensiero e Owen e quello di Marx. Quest’ultimo è materialista, quindi vede le cose come sono in modo più realista. Inoltre la sua divisione della statitificazione storico sociale in strutturale e sovrastrutturale è molto valida: questo perché egli afferma che la struttura riguarda i rapporti di produzione, un punto a parere mio importante e significativo. È interessante come Marx riesce a captare in che modo vanno le cose in ambito lavorativo, che i borghesi sono coloro che hanno le fabbriche e gestiscono il mercato.
    Quindi la visione positiva ma poco reale di Owen mescolata alla visione materialistica e più realistica (effettivamente parlando) di Marx è/sarebbe il giusto compromesso per una linea d’azione compromettente

    1. In base al tuo ragionamento si direbbe preferibile in toto l’approccio di Marx a quello di Owen. Perché li vorresti fondere? Quali i limiti di Marx rispetto ai quali sarebbe utile “integrare” Owen? Il suo materialismo? E che cosa c’è di male in esso? Dici che sceglieresti l’approccio di Owen, ma che trovi più efficace quello di Marx. Perché allora sceglieresti Owen? E’ più elegante, idealistico, poetico, umano? Manca la motivazione per la tua preferenza iniziale.

  11. se fossi vissuta nell’ottocento, nel pieno periodo di sfruttamento del proletariato, sarei stata d’accordo con il pensiero di Marx.
    Marx pone alla base della storia il lavoro che si configura come un processo di produzione in cui bisogna individuare due elementi fondamentali: le forze produttive e i rapporti di produzione.
    Questi due elementi costituiscono la struttura della società.
    Le prime sono incarnate normalmente da una classe in ascesa, che finisce per prevalere sulla classe dominante in declino e imporre nuovi rapporti di produzione.
    La borghesia Infatti durante la rivoluzione è arrivata al potere spodestando l’aristocrazia, creando però un sistema capitalista, che si basa su forze produttive sociali.
    queste forze produttive contrastano con i rapporti di produzione privatistici e da questo contrasto avrà origine la rivoluzione comunista mondiale, ad opera del proletariato, che porterà ad una dittatura transitoria poiché infatti mira all’estinzione della Stato creando una comunità comunista.
    Una parte consistente dell’opera di Marx è dedicata all’analisi della struttura economica della società capitalista, e ciò mi fa anche capire perché il pensiero di Marx sia sensato e fondato:
    Marx parte definendo la merce come ciò che deve possedere un valore d’uso, ossia essere utile. Inoltre, la merce ha un valore di scambio, che permette di scambiarla con altre merci e che deriva dalla quantità di lavoro socialmente necessaria per produrla, vale a dire dal tempo che in media è impiegato dal lavoratore per produrla. Nella società capitalista il fine della produzione non è il consumo, ma l’accumulazione di denaro che deriva dallo sfruttamento del lavoro operaio.
    Il capitalista, infatti, acquista, pagando l’operaio, la sua forza- lavoro, il cui valore corrisponde a quello dei mezzi necessari per vivere, ossia al salario. Ma l’operaio è in grado di produrre un valore maggiore di quello del salario, lavorando per un tempo più lungo di quello che sarebbe sufficiente.
    Lo sfruttamento è una conseguenza diretta della proprietà privata dei mezzi di produzione, su cui si fonda la società capitalista.

    1. Hai “sfruttato” la mia domanda per espormi il pensiero di Marx in modo piuttosto dettagliato. E’ stata un’ottima occasione, immagino, per te, per ripassare. Ma la domanda chiedeva quale approccio ti sembrasse migliore, non di espormene uno in dettaglio. Sarebbe stato meglio, dunque, concentrare le tue energie sugli aspetti per i quali, a tuo parere, l’approccio di Marx ti sembra più adeguato di quello di altri (socialisti utopisti, liberali ecc.).

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