3. L’epistemologia del Novecento

L’epistemologia è, etimologicamente, lo studio (filosofico) della scienza o, semplicemente, filosofia della scienza.

Essa nasce da una domanda, la domanda epistemologica fondamentale: “Che cos’è la scienza?”.

Tale domanda ne implica altre: “Come si distingue la vera scienza dalle pseudoscienze?”, “Che cosa rende scientifica una teoria?”, “In che cosa consiste il metodo scientifico?” ecc.

Tutte queste domande implicano un dubbio: che non sia necessariamente scienza (cioè sapere) quella che appare tale.

Tale dubbio costituisce un’obiezione implicita alle tesi di coloro che, in ogni tempo, invece di chiedersi filosoficamente che cosa sia la scienza, assumono (positivisticamente o scientisticamente) che scienza sia ciò che è ritenuta comunemente tale e ne adottano il metodo, senza discuterlo (e supponendo che ce ne sia uno e uno solo), come criterio di legittimazione di ogni altro sapere, compreso quello filosofico.

Secondo costoro, in altre parole, non sarebbe la filosofia a dover stabilire che cosa è la scienza , ma dovrebbe essere la scienza a stabilire come dovrebbe essere la filosofia se vuole acquisire, a sua volta, la dignità di scienza (e, quindi, avere valore come interlocutrice della scienza).

Con la rivoluzione epistemologica che accompagna la seconda rivoluzione scientifica che si registra tra fine Ottocento e  primo Novecento, la scienza cessa – si potrebbe dire – di essere etimologicamente “scienza” (sapere), per rivelarsi piuttosto qualcosa di meno certo.

Secondo diversi filosofi della scienza (ma anche secondo gli scienziati più avvertiti) le scienze della natura, in quanto si fondano su ipotesi piuttosto che su principi, per evocare la distinzione platonica proposta nel VI libro della Repubblica, non sono necessariamente vere, ma semmai verosimili. Le teorie scientifiche restano tali finché salvano i fenomeni (“fino a prova contraria”, come diceva lo stesso Newton), altrimenti vanno sostituite o corrette: al sistema tolemaico è così subentrato quello copernicano, alla teoria di Newton è potuta subentrare la teoria della relatività ecc. L’importante è che queste teorie verosimili (capaci, cioè, di salvare sempre i fenomeni, cioè di spiegarli e prevederli), siano “ben scritte” dal punto di vista logico-matematico, ovvero siano coerenti (ma, come vedremo, anche questa esigenza non potrà mai essere compiutamente garantita, per ragioni puramente logiche).

Storicamente la domanda epistemologica presuppone la crisi dei postulati (veri e propri dogmi) del positivismo ottocentesco, con particolare riguardo a quelli legati all’interpretazione meccanicistica del mondo, incrinati da una serie di ipotesi e scoperte rivoluzionarie (teoria dell’evoluzione, leggi della termodinamica, teoria della relatività,  meccanica quantistica, crisi dei fondamenti della matematica ecc.).