La memoria non è corporea

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Che cos’è la memoria?

Il “luogo” immaginario in cui sono “collocate” le cose che possiamo evocare attraverso il ricordo.

Il ricordo, come atto del richiamare (d)alla memoria, è sempre, necessariamente presente. Esso costituisce la messa in atto di alcunché di latente o potenziale.

Se consideriamo la coscienza il luogo dell’eterno presente in cui le cose ci sono (l’esserci delle cose), nella misura in cui tale luogo implica la separazione soggetto/oggetto e la relativa “gerarchia aggrovigliata“, il ricordo, come attivazione delle memoria, richiede – secondo la lezione di Henri Bergson – che io abbia un corpo e, in esso, un cervello, ossia un meccanismo, complesso come il mondo, che permetta allo spirito di interfacciarsi, qui e ora, con il mondo stesso.

  • Ma ciò di cui mi ricordo, proprio come ciò che immagino, è presente in modo assai più labile e confuso di quello che attualmente percepisco!

Senz’altro. La mia ipotesi è che il passato ritorni nel tuo presente come attraverso un filtro, che lo rende appunto labile e confuso, distinto da ciò di cui hai attualmente percezione.

Nello stesso modo “filtrato” puoi combinare liberamente le immagini dei tuoi ricordi per sviluppare fantasie.

Questo filtro ti permette, tra l’altro, di ricorrere a tali immagini come a simboli o metafore di qualcosa di non percepibile.

  • Questo per quanto riguarda i ricordi. Ma la memoria? In che cosa consiste?

La memoria, come luogo in cui sono collocati tutti i possibili ricordi, non è e non può essere in quanto tale “corporea” (né apparire tale, come il cervello). Ciò per diverse ragioni.

Tutti i tentativi di individuare la sede della memoria nel cervello sono falliti. Certe strutture, come l’ippocampo, sono certamente importanti per rimemorazione (il ricordo) – come dimostrano le difficoltà che incontrano i malati di Alzheimer, il cui ippocampo appare danneggiato -, ma non costituiscono un “serbatoio” privilegiato di immagini mentali.

Se le immagini mentali fossero immagazzinate nel cervello, come potrebbero sopravvivere all’incessante distruzione e ricostruzione molecolare che vi si svolge a seguito del metabolismo?

L’ipotesi secondo la quale la memoria risiederebbe fisicamente da qualche parte sembra, inoltre, esclusa dal seguente paradosso. Se devo ricordarmi di qualcosa, devo ricordarmi prima di quello di cui mi devo ricordare, per potermelo ricordare, e così via all’infinito. Questo paradosso può essere dissolto solo se la cosa che si cerca di ricordare è in qualche modo già presente a chi la deve ricordare, ossia è altrettanto “spirituale” del soggetto che la vuole ricordare e che ne è in qualche modo attratto. Se il “sistema di recupero” dei ricordi fosse meccanico (in particolare, se si trattasse di un meccanismo computazionale, emulabile da un computer) la procedura sarebbe interminabile: il sistema di recupero di una traccia di memoria dovrebbe poterla “riconoscere” in senso meccanico (attraverso il match di frammenti di informazione), dunque tale sistema di recupero dovrebbe a sua volta essere dotato di un sistema di memoria e di un proprio sistema di recupero  e così via all’infinito [L’argomento, evocato da Sheldrake, p. 163, è esposto dettagliatamente in H. A. Bursen, Dismantling the Memory Machine, Reidel, Dodrecht 1978],

La memoria coincide, in ultima analisi, con lo stesso Spirito, a cui i ricordi attingono per vie condizionate dall’esperienza del corpo. In ultima analisi la memoria non è che l’infinito dei possibili traguardato dalla peculiare prospettiva di ogni singolo presente, che limita lo sguardo rimemorante a questa o quella porzione di universo sulla base dell’esperienza soggettivamente accumulata.

Possiamo paragonarla anche alla lastra olografica, a cui possiamo strappare ora questa ora quell’immagine tridimensionale, a seconda della prospettiva da cui la illuminiamo, ma che, potenzialmente, contiene ogni immagine.

  • Già, ma perché solo alcune immagini percolano e altre no? Perché mi ricordo solo del “mio” passato e non di quello degli altri, se tutti attingiamo allo stesso serbatoio?

Consideriamo che l’universo prende coscienza di se stesso sempre in prospettiva. Tale prospettiva, tuttavia, non è più “mia” che di altri.  Tuttavia, come si costituisce l’illusione di essere “qualcuno”? Perché, appunto, via via che l’universo, nel tempo, guarda a se stesso da una peculiare prospettiva esso riesce a ricordare solo immagini coerenti con tale prospettiva e ad essa pertinenti (tali da costituire il lato implicito, proiettato nel passato, di ciò che qui e ora esperisce). Ciò rende conto anche delle frequenti esperienze di “memorie distorte”, costruite al solo scopo di “rendere ragione” dell’esperienza presente.

Insomma tu sei “qualcuno”, distinto tanto dall’intero universo, quanto da ogni singolo tuo istante di coscienza, solo perché te ne ricordi (hai ricordi “coerenti” di te stesso); non viceversa: non perché tu sei tu, hai ricordi coerenti.

  • D’accordo, ma come è possibile che “io” mi ricordi solo di esperienze che ho fatto “io”, col mio “corpo”?

Generalmente si considera, a torto, come abbiamo argomentato, che la memoria risieda nel corpo e, in particolare, nel cervello. La mia ipotesi, invece, è opposta: tu ti ricorderesti ogni cosa (anzi: percepiresti tutto simultaneamente, attingendo alla “lastra olografica” la cui proiezione costituisce l’universo esplicato), se non ne fossi limitato e impedito dal corpo e dal cervello. Come il corpo ti “costringe” a guardare il mondo in una determinata prospettiva in un certo tempo, così il cervello ti “costringe” a ricordare solo le cose che sono legate al tuo corpo.  Il cervello, in particolare, funge dunque da “obliteratore”, limita la tua memoria a ricordi coerenti con la vita del tuo corpo.

Possiamo identificare nel cervello anche il filtro che impedisce ai tuoi ricordi di essere altrettanto vividi delle tue percezioni.

Ciò potrebbe suggerire che quando corpo e cervello saranno morti, “ti” potrebbe tornare intera la memoria, anzi la percezione di quello che sei, che siamo tutti: tutto… Se non fosse che tale coscienza conterrebbe elementi tra loro incompossibili: il che, presumibilmente, ti costringerà a qualche forma di “reincarnazione”….

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di Giorgio Giacometti