L’empirismo scettico di David Hume


HumeHume rappresenta l’esito scettico di una corrente di pensiero che potrebbe essere fatta risalire ad Aristotele, secondo il quale nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu (niente è nell’intelletto che prima non sia stato nel senso). Si tratta dell’empirismo, secondo il quale tutta la conoscenza deriva dall’esperienza, ossia è mediata dai cinque sensi. L’empirismo, in altre parole, esclude la possibilità di attingere a “verità” attraverso la sola “mente” (intelligenza o ragione), ricorrendo, ad esempio, alla dimostrazione per assurdo o a prove basate sul criterio dell’evidenza o, ancora, a forme di illuminazione (o reminiscenza), capaci di attingere direttamente a una sfera di nozioni inconfutabili (mondo delle idee, numeri, pensieri divini ecc.).

Dopo Aristotele (che, tuttavia, come ricordiamo, ammette la dimostrazione per assurdo e forme di “intelligenza” capaci di superare i limiti del procedimento induttivo), tra gli esponenti dell’empirismo possiamo ricordare, nel Medioevo, Guglielmo d’Ockham e Ruggero Bacone (XIV sec.) e, nell’età moderna, Francesco Bacone (XVI sec.) e John Locke (XVII sec.), tutti di nazionalità inglese. Lo stesso Newton, secondo il quale i guadagni della scienza erano da considerarsi validi “fino a prova contraria” può essere ascritto a questa tradizione.

David Hume (Scozia 1711-1776) segue il filo dell’empirismo degli autori precedenti ed esamina il contenuto della mente umana. Come John Locke, che a sua volta si ispirava a Cartesio, chiama “idee” le singole nozioni contenute nella mente umana (nel nuovo significato cartesiano di “concetti” interni alla mente e non di realtà trascendenti, quali erano le Idee di Platone).

Egli, tuttavia, distingue per la prima volta dalle idee le impressioni. Hume classifica come impressioni le sensazioni che si manifestano solo quando l’oggetto è presente ma che poi svaniscono come tali. Quelle che persistono sono le “idee” in senso stretto. Le idee, infatti, si manifestano quando l’oggetto non è più presente .

Noi possiamo conoscere con certezza solo ciò che vediamo in quest’istante con l’impressione (e che non possiamo evitare di vedere), dunque ben poco del “mondo” come comunemente lo concepiamo (empirismo scettico). Pertanto Hume può dubitare di tutto salvo che delle impressioni, per un verso, e, per altro verso, delle relazioni tra le idee (concetti matematici, ad es. le definizioni), in quanto corrispondono a costrutti elaborati arbitrariamente dalla stessa mente umana (oggi diremmo: convenzionali).

È però possibile continuare a comportarci “come se” avessimo conoscenze grazie alla credenza (belief), che deriva dall’abitudine (custom), generata da una esperienza continuata di qualcosa che è molto probabile che si verifichi ancora. In questo caso mi affido alle combinazioni di idee, ma non posso mai essere certo che tali combinazioni si verifichino di nuovo.

Ad esempio se voglio conoscere il valore dell’accelerazione gravitazionale sulla superficie terrestre dovrò eseguire esperimenti. Per avere dati in proposito dovrò eseguire un certo numero n di prove. Giunto all’ultima prova noterò che la g ha un dato valore x che potrò comparare alle precedenti prove. A questo punto si pone il problema: i dati precedenti non sono altro che ricordi e come tali possono essere fonte di dubbio. A rigore, quindi, si ha la prova empirica solo dell’ultima misurazione effettuata. Hume introduce, a questo riguardo, il concetto di abitudine. è per pura abitudine che quando vedo un oggetto in caduta posso supporre che subirà un’accelerazione di gravità pari a 9,81 m/s2. L’abitudine è tuttavia solo un fattore psicologico, non logico. Così l’empirismo assume la forma di neo-scetticismo.

La prima impressione che si ha guardando una mela è data da una sua caratteristica (il rosso, l’amaro…) Questa impressione è poi elaborata in idee che non rispecchiano necessariamente la realtà in quanto (ad es. la parte nascosta della mela) frutto della nostra stessa mente, ossia della fantasia e della memoria. Queste considerazioni portano a questa conclusione: le leggi della scienza sono basate sull’esperienza (abitudine) e sull’elaborazione d’idee complesse (di modo, sostanza o relazione) le quali possono essere errate. Vanno quindi ritenute probabili e non certe.

Come avviene l’associazione di idee nella mente umana? Hume suppone che essa sia regolata da tre leggi inflessibili (paragonabili alle leggi della fisica di Newton): quelle della successione, della contiguità e della somiglianza. Se più volte assisto al susseguirsi di due eventi (p.e. fuoco e fumo), finirò per credere che questa successione sia scontata (all’apparire del primo evento mi aspetterò il secondo); se più volte osservo che parti del medesimo oggetto si presentano assieme (associate nello spazio), p.e. il pianale e la spalliera di una sedia, mi abituerò a considerarli come parti, appunto, del medesimo corpo; se, infine, vedrò più oggetti tra loro simili mi formerò un’idea generale circa la loro “essenza”, p.e. “sedia”.

Queste idee generali, tuttavia, sono idee solo per modo di dire. Infatti, ad esse non corrisponde alcuna immagine mentale, ma soltanto nomi. Ad esempio, mentre mi posso formare l’idea complessa di un singolo uomo (Giacomo, Giovanni ecc.) sulla base di percezioni e ricordi (impressioni e idee), non mi posso rappresentare mentalmente alcuna idea generale di “uomo”. Se penso, ad esempio, alla proprietà tipica dell’“uomo”, in generale, di avere due braccia e due gambe, non posso fare a meno che raffigurarmi mentalmente un singolo uomo particolare (anche in forma stilizzata) come tipo o esempio dell’uomo in generale. Questo vale anche per i triangoli e le figure geometriche. Posso studiare le proprietà geometriche dei triangoli, in generale, solo a partire da questo o quel triangolo particolare, che funge per così dire da schema per ogni possibile triangolo. Dunque parole come “triangolo” o “uomo” corrispondono, in ottica empiristica a semplici nomi comuni, non a vere e proprie idee. Si tratta del nominalismo, dottrina che risale a Ockham e viene ribadita da Hobbes, Locke e da ultimo Hume e che si oppone al realismo, secondo il quale ai nomi comuni corrispondono idee (o specie) universali eterne e indistruttibili (le Idee di Platone, ad esempio, come l’idea di triangolo, di uomo, di cavallo o di giustizia), più reali degli stessi fenomeni empirici che “somigliano” loro.

di Giorgio Giacometti