L’infinità dell’universo

parallasseUna fondamentale ipotesi, che permette di superare l’obiezione contro l’eliocentrismo (ripetuta anche in età moderna, ma già attestata per l’antica). che consiste nel denunciare l’assenza di variazione di parallasse per quanto riguarda le “stelle fisse”, è quella dell’infinità dell’universo.

Se la distanza tra la Terra e le stelle è enorme, infatti, è lecito attendersi che non si registri alcuna variazione di parallasse anche in un modello eliocentrico. Il primo che per difendere la dottrina di Aristarco si risolse a introdurre l’ipotesi dell’infinità dell’universo pare che sia stato Seleuco, seguito poi da Gemino, nel I sec. a. C..
Consideriamo che l’infinità dell’universo può venire

  1. sia (filosoficamente) dedotta dal Principio (o preteso tale), grazie a uno speciale argomento (una causa onnipotente non può che avere un effetto infinito), adoperato da Cusano e da Bruno;
  2. sia (matematicamente) ricavata come ipotesi necessaria per salvare il fenomeno della mancata variazione di parallasse delle stelle fisse (questa variazione di parallasse si dovrebbe riscontrare nell’ipotesi eliocentrica di Copernico, qualora le stelle si trovassero a distanza finita, come lo stesso Copernico credeva).

Ora: se l’universo è infinito non ci sono punti privilegiati, quali il centro o la periferia, rispetto ai quali sia possibile distinguere se un corpo sia in quiete o in moto. Si annuncia quindi l’idea della relatività del moto, che, a sua volta, permette di consolidare l’eliocentrismo (la Terra può girare intorno al proprio asse e intorno al Sole senza che ce ne accorgiamo)..
Ad analoghe considerazioni sono stati mossi, in epoca rinascimentale, autori come Niccolò Cusano e Giordano Bruno, verosimilmente attingendo alla fonti della sapienza antica.
Lucio Russo non se ne occupa, ma ci si può chiedere ancora una volta se l’ipotesi dell’infinità dell’universo non presupponga a sua volta la concezione “filosofica” di Anassimandro di Mileto, VI sec. a. C., che considerava “infinito” (àpeiron) il principio (permanente) dell’universo, o le concezioni di Melisso di Samo (V sec. a. C.) e degli atomisti che, per ragioni diverse, consideravano infinito l’universo stesso. Si tratta, in generale, di concezioni filosofiche che questi autori variamente argomentavano attraverso ragionamenti (tra i quali non possiamo escludere considerazioni anche di tipo astronomico) che, da un altro punto di vista, costituiscono di fatto vere e proprie ipotesi scientifiche (o, con la terminologia dell’epistemologo del Novecento Imre Lakatos, veri e propri “programmi di ricerca”), a confutazione peraltro del luogo comune che vorrebbe la “mentalità” greca refrattaria a ogni nozione di infinito attuale (in realtà pare che solo Aristotele fosse contrario a tale possibilità).

di Giorgio Giacometti