Nel Critone Socrate immagina che le leggi della città, personificate, gli chiedano conto della sua eventuale fuga: poiché Socrate ha sempre insegnato e testimoniato l’obbedienza alle leggi dello Stato, dicendo che senza di esse non gli sarebbe stato possibile neppure vivere (dunque deve loro la vita stessa, come a una madre), non sarebbe giusto (coerente) che ora le trasgredisse fuggendo.
L’argomento di Socrate a favore dell’obbedienza alle leggi dello Stato è un classico, che verrà ripreso fino a tempi recenti (da filosofi come il tedesco Hegel, nel XIX sec.). In sostanza il ragionamento (in parte implicito nel testo del Critone) è il seguente: se ciascuno fosse autorizzato ad obbedire solo alle leggi che egli stesso condividesse (o, come nel caso di Socrate, alle sentenze, emesse sulla base di tali leggi, che egli stesso giudicasse corrette), le leggi (e lo Stato stesso) sarebbero inutili: ciascuno agirebbe sempre come a lui pare meglio.
Ma, allora, si dovrebbe ammettere che tutti possano fare così e, in definitiva, abolire lo Stato e vivere uno “stato di natura” (in una specie di “giungla”, senza ordine). Qualcosa del genere, coerentemente, facevano gli antichi cinici, come Diogene, che viveva in una botte e rifiutava di seguire le leggi della città (e della civiltà). Alla domanda di Alessandro Magno che gli offriva qualunque cosa egli desiderasse, Diogene rispose: “Spostati leggermente dal sole, che mi fai ombra”! Anche il filosofo Kant, precursore di Hegel, ammette (a differenza di Socrate e Hegel) qualcosa di simile a un’“obiezione di coscienza” contro le leggi dello Stato che si giudicano ingiuste, ma a condizione che chi si rifiuta di obbedire paghi un prezzo adeguato (per esempio: chi si rifiutava si prestare servizio militare, quando questo era obbligatorio, non se ne restava tranquillo a casa, ma trascorreva in carcere un periodo equivalente o addirittura superiore a quello che avrebbe dovuto trascorrere sotto le armi).
In generale, però, se esistono leggi e Stato, occorre che tali istituzioni abbiano il potere necessario e sufficiente a farsi obbedire e che tale potere, in quanto autorità, sia riconosciuto e rispettato. Ma questo implica precisamente che si deve obbedire loro anche se non si condivide quello che, in una determinata circostanza, essi ci impongono.