Il bene è la felicità? Aristotele fonda l’etica

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Scopo della filo-sofia, in quanto ricerca della saggezza, è la ricerca (della scienza) del bene (della saggezza appunto), per amore della quale Socrate è (stato) perfino disposto a dare la vita.

Ma in che cosa può consistere il bene?


Consideriamo qualcosa di utile e vediamo se è sempre qualcosa di “buono”. Per uno studente andare a scuola, per esempio, è considerato qualcosa di utile. Ma utile a che cosa, se escludiamo che sia utile soltanto a evitare la punizione dei genitori, in caso contrario? Si potrebbe essere d’accordo che venire a scuola (e studiare) sia utile per conseguire un diploma. E questo sarebbe, dunque, il bene? No, sarebbe qualcosa di utile per trovare lavoro. E trovare lavoro potrebbe essere utile per guadagnare denaro. Guadagnare denaro potrebbe essere utile per farsi una famiglia. Questo potrebbe essere utile per avere figli… Qual è il problema di questo modo di procedere? Che si rischia un “regresso all’infinito”. Se non c’è alcunché che si faccia per se stesso e non per altro, anche le cose che ci sembrano utili potrebbero rivelarsi dannose. Se, ad esempio, qualcuno scoprisse di non desiderare affatto avere figli e farsi una famiglia, tutto ciò che ad altri potrebbe sembrare utile potrebbe rivelarglisi inutile. Dunque è necessario trovare qualcosa (di bello) che sia desiderato per se stesso e per il quale anche le altre cose (quelle utili) siano desiderate. In questo senso il bene è il principio dell’utile: ciò da cui dipende l’utilità di tutto il resto (come la scienza del bene è ciò da cui dipende l’utilità delle altre scienze).


Aristotele, nell’Etica nicomachea risponde alla domanda sul bene (fondando la scienza “etica“, ossia la scienza del comportamento o del costume [èthos], in quanto hanno di mira il bene di chi agisce) suggerendo che esso coincida con  la felicità.

La felicità, infatti,  è la sola cosa che qualsiasi essere umano, anzi qualsiasi essere vivente, desidera per se stesso e non per altro (anche se ognuno cerca la felicità a modo suo, spesso sbagliando e cedendo a vizi di cui finisce, prima o poi, per pentirsi). Infatti, si può desiderare di sposarsi o di avere figli per essere felici, ma non si desidera mai essere felici per altri scopi; anche se, una volta che si sia felici, certamente questo aiuta (involontariamente, indirettamente) a fare bene molte altre cose.

Su questa eterogenesi dei fini nella quale è presa la ricerca della felicità (in e oltre Aristotele) cfr. la discussione svolta con una classe liceale nel 2014.

Questo, tuttavia, ancora non ci aiuta a comprendere, come si possa essere felici, ossia in che cosa concretamente consista il bene che sarebbe saggio perseguire (che il filo-sofo, in quanto cerca la saggezza, persegue). Diversi filosofi e diverse scuole filosofiche propongono diverse ipotesi sulla natura di questo “bene”, in rapporto a come viene concepito l’uomo e a come viene concepito il mondo.

Consideriamo, infatti, come il problema etico (che cosa è bene o saggio fare) possa essere risolto, verosimilmente, solo se sappiamo chi siamo e, più in generale, che cos’è il mondo, tutto ciò che è qualcosa. Il problema etico rimanda, dunque, al problema ontologico (relativo a tutto “ciò che è”, in greco on, plurale onta).

Se, ad esempio, esiste Dio e noi ne siamo figli, se Dio avesse creato il mondo e ci avesse fatto a Sua immagine e somiglianza, se Gesù fosse il Figlio di Dio ed Egli stesso Dio, Egli ci indicherebbe la via per la nostra salvezza e sarebbe sensato comportarsi e agire come suggeriscono i comandamenti dell’Antico e del Nuovo Testamento.

Se, tuttavia, così non fosse, fossimo soltanto animali evoluti casualmente in questo modo, corpi viventi e destinati a dissolversi nella morte, senza senso, come sembra suggerire la scienza moderna, probabilmente sarebbe sensato agire diversamente: perseguire il piacere ed evitare il dolore e, a questo fine, ricercare l’amore degli altri e rifuggire il loro odio ecc.

Se fosse corretta l’interpretazione della natura offerta dai buddhisti le cose sarebbero ancora differenti e così via…

Si capisce come la ricerca filosofica sia per noi fondamentale, perché a seconda di come rispondiamo, anche implicitamente, alle domande filosofiche decidiamo come vivere e morire.

E, come abbiamo visto,  non possiamo non rispondere, anche se volessimo evitarlo, perché, se non rispondiamo verbalmente, rispondiamo col nostro comportamento.

di Giorgio Giacometti