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Inconsistenza della “realtà fuori di me”

  • La prospettiva francamente idealistica che delinei su questo sito è delirante. La tipica negazione idealistica di una realtà al di fuori del soggetto senziente e pensante (perché in ultima analisi è questo che risulta dalla tua speculazione!) è incredibile. È del tutto evidente che “là fuori” esiste una realtà contro la quale, spesso anche se malvolentieri, andiamo a cozzare, a sbattere.

Questa tipica obiezione a ciò che tu chiami “idealismo” (termine troppo storicamente compromesso con forme di “titanismo” romantico per non preferirgli ad es. il termine “monismo” o “platonismo” per contraddistinguere la mia prospettiva) è certo motivata da un’esperienza molto forte dell’esistenza di “qualcosa” di irriducibile ai propri sogni e ai propri desideri. Tuttavia, tale obiezione, nella sua classica formulazione, che anche tu riesumi, confonde i piani.

“Dentro” e “fuori” sono indicatori che alludono, implicitamente, allo spazio rispettivamente contenuto nel mio corpo ed esterno al mio corpo. Ma, se usati in riferimento al soggetto, in quanto soggetto di conoscenza, o alla “coscienza”, perdono significato. O meglio: presuppongono ciò che, mediante il loro uso, si vorrebbe dimostrare: che il soggetto “abiti” il corpo, come lo abita il cervello (che, ingenuamente, viene considerato la “sede” della mente o, anche, sinonimo della stessa mente, come quando si dice: “Usa il cervello, sei senza cervello!” o simili).

  • Perché, dove altrimenti si troverebbe la coscienza?

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Tutto è uno

essere
Ascoltando non me, ma il Lògos, è saggio convenire che tutto è uno.
[Eraclito di Efeso, frammento 50 DK]

Prendiamo la tesi “Tutto è uno” (titolo di un fortunato e discusso libro di Michael Talbot, giovane precocemente scomparso, forse troppo incline a credere al paranormale per essere, a sua volta, credibile, ma dotato di straordinarie capacità intuitive).

La tesi, in sé, è tutt’altro che originale. L’argomentano, variamente, Parmenide, Plotino, Shankara e altri ancora. La si ritrova in qualche misura in Niccolò Cusano, Giordano Bruno, Baruch Spinoza (nella versione di un panenteismo costantemente a rischio di venire equivocato come volgare panteismo). Ritorna nella teoria dell’ordine implicato di David Bohm (ispirata ai risultati della fisica dei quanti).

Assumiamo questa tesi (che tutto è uno) per ora come ipotesi o, meglio, come postulato. Essa, insieme ad altre ipotesi accessorie, potrebbe contribuire a “salvare” (“spiegare”) tutti i fenomeni noti.

  • In che modo ciò avverrebbe?

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C’è una sola coscienza cosmica alla volta

La coscienza è sempre tale “una ogni volta” (ayam atma brahman). Non vi sono simultaneamente più coscienze (la mia e la tua, per esempio), ma sempre solo una alla volta, come luogo di riflessione dell’universo.

Nei termini di Erwin Schroedinger:

La coscienza è un singolare di cui non si conosce plurale.
[cit. in Odifreddi, Il Vangelo secondo la scienza]

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