“La lettera uccide, lo spirito vivifica”

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La progressiva “filosoficizzazione” (o, se si preferisce, “ellenizzazione”) della dottrina cristiana, tramontata la prospettiva apocalittica (per la mancata “parousìa” o imminente venuta del regno di Dio), non è legata solo all’esigenza di convertire alla nuova religione pagani imbevuti di platonismo e stoicismo, facendosi da loro intendere, ma anche della necessità di interpretare in modo coerente e non contraddittorio la rivelazione divina. Insomma,  la “filosoficizzazione” non è solo una questione “di contenuto”, ma anche una questione “di metodo”.

Si tratta, a ben vedere, di un ricorso “ermeneutico” alla filosofia tipico di tutte le religioni, soprattutto di quelle fondate su testi sacri, quali il Corano per l’islam o i Veda per l’induismo..

Per quanto riguarda il cristianesimo i modi di interpretare i testi sacri sono sempre stati, fin dall’inizio e poi nei secoli, molto diversi (alcuni così diversi da venire giudicati eretici o eterodossi, cioè incompatibili con la fede della Chiesa cattolica, cioè universale).

rotoloDavanti alle incongruenze della Bibbia (passi che sembrano contraddirne altri; ad esempio in Genesi, 1, 20-26 prima vengono creati gli animali e poi l’uomo, mentre in Genesi, 2, 1-19 prima viene creato l’uomo e poi gli animali) e alle rappresentazioni “primitive” che essa contiene p.e. di Dio (dipinto, antropomorficamente, come animato da “ira”, “gelosia” ecc. e dotato di “mani” ecc.) fin dai tempi dalla prima diaspora ebraica e, poi, ancora, durante il cristianesimo si dovette adottare un’interpretazione non letterale.

Infatti, anche se volessimo prendere “per oro colato” ossia come letteralmente vero tutto quello che troviamo scritto nella Bibbia, in quanto parola di Dio, come intendere i testi che presentano contraddizioni con altri testi o incongruenze con quanto sappiamo da altre fonti attendibili (come quella scientifica)?

  • Il fondamentalista ci potrebbe spiegare che la contraddizioni e le incongruenze solo solo apparenti.

Certo, “apparenti per questa e quest’altra ragione…”. Ma che farebbe, in tal modo, il (non più) fondamentalista?

  • Che farebbe?

Si allontanerebbe da una lettura, appunto, letterale, per introdurre, surrettiziamente (ossia di nascosto), la sua interpretazione di questo o quel passo, a scopo armonizzativo (cioè per armonizzarlo con agli altri passi o con l’esperienza). Insomma, a quanto pare ogni fondamentalismo (ossia qualsiasi pretesa di intendere questo o quel testo sacro, anche non cristiano, p.e. musulmano o di altra religione, come letteralmente vero) cade.

L’interpretazione “non letterale” per eccellenza è quella “allegorica” (il testo dice “altro”, in greco: “àllon“, da quello che sembra) che si applica soprattutto ai passi irrazionali, assurdi o poco credibili della Bibbia (e, in generale, di qualsiasi testo).

Nato in età ellenistica (o anche prima), adottata dagli stoici per interpretare il mito greco pagano, il metodo allegorico (o allegorési) viene impiegato per “spiegare” la Bibbia (ebraica) da Filone di Alessandria (I sec. a. C.) , è noto a San Paolo (I sec. d. C.) e abbondantemente impiegato dai primi teologi e filosofi cristiani, soprattutto in Alessandria, come il grande Origene (III sec. d.C.) .

Per comprendere a che cosa tale procedimento poteva arrivare in Filone e Origene (cioè a considerare come simbolici eventi non solo dell’Antico, ma anche del Nuovo Testamento) si legga p.e. la pagina p. 179  del libro  di David T. Runia, Filone di Alessandria nella prima letteratura cristiana, Vita e Pensiero, Milano.

Per comprendere e contestualizzare meglio questa pagina, si tenga presente che nella “tradizonale tipologia cristiana” (usata anche da San Paolo) passi dell’AT (Antico Testamento o Bibbia ebraica) vengono letti come prefigurazione di episodi del NT (Nuovo Testamento) e, in particolare, della venuta, vita, morte e resurrezione di Cristo (p.e. l’esodo degli Ebrei dall’Egitto, cioè la Pasqua ebraica, sarebbe un “tipo” o un'”allegoria”, della resurrezione di Cristo, la Pasqua cristiana), mentre l’allegoresi che Origene desume da Filone, estremizzandola, è di tipo “filosofico”. La Scrittura avrebbe non solo un significato letterale, ma altri tre significati “spirituali” (allegorico, morale, anagogico), rivolti al lettore, di natura squisitamente filosofica (teologica, etica ecc.).

L’obiettivo fondamentale dell’interpretazione allegorica, nella prospettiva di Origene, è quello di “armonizzare” tra loro i diversi testi che costituiscono la Sacra Scrittura, costruendo, a posteriori, un discorso coerente (i passi contraddittori con altri, che si ritiene di dover intendere letteralmente, vengono intesi “allegoricamente”, come se si trattasse di semplici metafore da non prendere troppo sul serio). Legato a questo vi è anche l’obiettivo di costruire un discorso “ragionevole”, compatibile con una teologia sufficientemente “elevata” (all’altezza delle teologie coeve sviluppate dai filosofi pagani, per le quali p.e. Dio non può essere geloso o avere “piedi” e “mani”) e con la scienza della natura del tempo.

Origene, in particolare, ha chiarito che

la parola di Dio ha fatto in modo che sia nella legge sia nei racconti storici venissero inseriti passi di argomento inverosimile o atto a suscitare scandalo e difficoltà, [inoltre] la Scrittura ha inserito fra i fatti storici particolari non reali [e] a volte infine vengono imposte prescrizioni inattuabili, affinché i più solerti e più portati all’indagine si dedichino all’esame di ciò ch’è scritto e si convincano che in simili casi si deve ricercare un senso degno di Dio.
[I Principi,  E, 9]

Spesso il testo (l’episodio storico narrato) sembra “forzato” a dire qualcosa che oggi, col metodo storico-critico, dubitiamo che l’autore del testo volesse davvero dire (l’allegoria, cioè, non è “voluta” da chi ha scritto il testo, come p.e. nel caso di Dante, ma è “trovata”, “immaginata”, “inventata”, solo dal lettore teologo, come Origene, imbevuto magari di platonismo).

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Va tenuto presente, infine, un fatto fondamentale, che spiega l’importanza che in tutto questo gioca lo “Spirito Santo” (rappresentato “allegoricamente”; da una colomba): nella concezione cristiana, lo Spirito interviene sia a “dettare” le parole della Bibbia (considerata dal credente “parola di Dio”), sia, cosa che ora ci interessa di più, a “ispirare” l’interprete della Bibbia stessa, a fargli trovare significati, appunto,”spirituali” dietro la “lettera”. È precisamente in questa prospettiva che nella Seconda Lettera ai Corinzi (3, 6)  (San) Paolo dichiara che “la lettera uccide, lo spirito vivifica”.

Allo “Spirito” possiamo, dunque, attribuire quella che gli storici chiamano “ellenizzazione” del cristianesimo (e che noi possiamo anche considerare una “filosoficizzazione”, in particolare una “platonizzazione” e una “stoicizzazione”, cfr. dottrina del Lògos/verbo, del cristianesimo).

Operata questa “spiritualizzazione”, come anche la possiamo chiamare, che cosa resta della differenza cristiana (rispetto alla filosofica greca)? Rimane soprattutto e solo il già evocato kèrigma, ossia l’idea che sia Dio a prendere l’iniziativa dell’amore (incarnandosi in Gesù, come ricorda anche il Credo, sempre che anche quest’incarnazione non debba essere intesa in modo “spirituale” e “simbolico” come tendevano a fare gli gnostici).

Lo Spirito è quindi anche “responsabile” della tendenza degli antichi interpreti (i Padri della Chiesa) a de-storicizzare sia la Bibbia nel suo complesso, sia i Vangeli, considerandoli testi fondamentalmente simbolici, cioè a disinteressarsi proprio di quegli aspetti storici sui quali gli studiosi moderni, valendosi del metodo storico-critico, insistono maggiormente.

Per approfondire.

La setta cristiana, successivamente giudicata eretica, che, in un certo senso, porta alle estreme conseguenze questa filosoficizzazione e de-storicizzazione del cristianesimo, platonicamente ispirata, è quella degli gnostici.

di Giorgio Giacometti