Un’abissale angoscia

abisso

La prospettiva cosmoteandrica, a sfondo (neo)platonico, che su questo sito vado via via delineando è vivacemente contrastata, in me stesso, da due fondamentali ostacoli:

  1. la resistenza che il dominante paradigma meccanicistico offre, quando, ad esempio, invoca a proprio vantaggio i risultati di secoli di successi sperimentali, a fronte delle difficoltà ad accertare “scientificamente” visioni alternative (un esempio di tali difficoltà è offerto del desolante spettacolo di un premio Randi, tristemente ben lontano dall’essere vinto da qualcuno…)
  2. la paura (il sospetto) che il paradigma alternativo che propongo sia solo il frutto del mio disperato desiderio di “senso”, anzi di salvezza

E se questi due ostacoli, in radice, fossero il medesimo?

Se l’ipotesi cosmoteandrica  fosse valida, come dovremmo, infatti, interpretare questo doppio ostacolo?

“Io”, come “noi” tutti, non sarei che una scintilla di un Dio dimentico di se stesso… spronfondato, dunque, nell’abisso della sua angoscia

E di che universo sarà mai capace, quale universo potrebbe “immaginare”, “creare” un tale “Dio” se non un universo desolatamente vuoto,  intervallato qua e là da frammenti di qualcosa, incoerenti, aggregati di schegge di materia (come quelle, ad esempio, che contraddistinguono la fascia degli asteroidi del sistema solare).

Così, un Dio disperato potrebbe rappresentarsi un mondo solcato dalla ferita del “male radicale” (o “peccato originale”); incarnato, tra l’altro, da una Natura vivente contraddistinta da una dura lotta per la sopravvivenza, in cui,  a differenza che nell’età dell’oro o “nella resurrezione” di pace e di giustizia, profetata da Isaia, il leone divora l’agnello.

Su tutto aleggia lo spettro della morte, passaggio ineludibile che tutti ci attende, paradigmaticamente rappresentata, nel nostro contesto, dalla morte del Dio crocifisso.

L’immagine meccanicistica del mondo potrebbe essere, dunque, non solo o non tanto causa della paura che essa suscita in chi cerca, invano, di rintracciarvi indizi di una segreta, divina armonia, ma anche e soprattutto effetto (karmico) di tale abissale angoscia…

di Giorgio Giacometti