Il fallibilismo di Popper

PopperPopper muove, in primo luogo, da una radicale critica all’induzione.

Il principio di induzione, come si è visto, ha alcuni limiti:

  • non è possibile trarre conclusioni generali da osservazioni particolari perché non è possibile osservare e/o sperimentare tutte le occorrenze possibili di una determinata classe di eventi; dunque non è possibile giustificare un’asserzione universale;
  • neppure le leggi delle probabilità permettono di risolvere il problema dell’induzione: l’aumento del numero dei casi che verificano un’ipotesi non aumenta la probabilità dell’ipotesi, dal momento che, per quante verifiche si facciano, il loro numero sarà sempre imparagonabile alla totalità infinita delle conseguenze empiriche della determinata ipotesi (per tacere degli altri problemi che abbiamo evocato, il paradosso dei corvi neri, il paradosso di Goodman ecc.).

Oltre che il metodo induttivo Popper critica anche il principio di verificazione degli empiristi logici come Schlick.

Il criterio di verificazione non consente, infatti, di escludere dal novero delle teorie scientifiche una serie di concezioni sempre verificabili, come marxismo e psicoanalisi; in genere: gli approcci di tipo religioso o metafisico.

Popper introduce il principio di falsificabilità come criterio di demarcazione tra discorso scientifico e non scientifico. 

In base a questo criterio una teoria non è scientifica quando è abbastanza ambigua da non poter essere confutata in alcun modo concepibile.

Esempi:

  • Teoria di Freud
  • Teoria di Marx
  • Cristianesimo
  • Astrologia

Di fronte a qualsiasi osservazione o affermazione (anche alla negazione della teoria stessa) questo tipo di teorie vengono comunque verificate, perché le loro apparenti confutazioni trovano una spiegazione nell’ambito delle teorie stesse.

Viceversa una teoria è scientifica se chi l’ha elaborata sa specificare che cosa dovrebbe accadere perché la teoria sia (empiricamente) confutata.

Esempio:

  • Teoria di Einstein

Tale teoria può essere messa in crisi da una serie di osservazioni di fenomeni non compatibili con essa; è quindi falsificabile, dunque scientifica.

L’unico modo per trovare conferme a una teoria (Popper le chiama: “corroborazioni”)  è, dunque, tentare seriamente di confutarla (e ovviamente non riuscirvi).

N. B. Il principio di falsificazione è un criterio di demarcazione, non di significatività. Esso, infatti, permette di distinguere (“demarcare“) scienza e non scienza, non già proposizioni sensate e non sensate, come il principio di verificazione di Schlick (ispirato a sua volta alla filosofia del primo Wittgenstein).

Popper non si limita, dunque, a invertire il criterio dei positivisti logici introducendo il principio di falsificazione al posto di quello di verificazione, ma sposta il limite della significatività.

Egli ammette, infatti, che anche teorie non controllabili (non falsificabili) possano avere senso; anzi egli ritiene che spesso queste teorie sono (state) perfino utili al progresso scientifico come fonti di ispirazione di successive teorie scientifiche (tipicamente certe concezioni “metafisiche” come l’atomismo greco, precursore dell’atomismo moderno; l’idea che l’universo sia infinito, anticipatrice della moderna cosmologia relativistica; il culto neoplatonico del Sole, anticipatrice della rivoluzione eliocentrica; la monadologia leibniziana, precorritrice della teoria del campo ecc.)

Approfondiamo il concetto di falsificabilità. Un’affermazione che può essere smentita da fatti nuovi è un’affermazione falsificabile (dunque scientifica).

N. B. Un’affermazione falsificabile non è un’affermazione falsa, ma vera fino a prova contraria, cioè soggetta a controlli sperimentali (Popper evita di servirsi del termine “verifiche”) che possano smentirla (possibilmente senza riuscirvi).

Se, viceversa, l’affermazione, per la sua stessa formulazione, risulta impossibile da confutare anche in linea di principio, qualunque controllo empirico si effettui (come nel caso delle religioni o delle ideologie), allora essa non è scientifica (non è falsificabile), ma dogmatica.

Ciò comporta che una teoria è tanto più scientifica quanto più è rischiosa, come p.e. la teoria di Einstein rispetto a quella di Newton (chi crederebbe verosimile che orologi collocati ad altitudini diverse misurino il tempo diversamente, che la traiettoria di fotoni privi di massa sia curvata dalla presenza di masse gravitazionali, che di due gemelli quello che tornasse sulla Terra da un viaggio interstellare compiuto ad altissima velocità si scoprirebbe assai più giovane di quello rimasto sulla Terra ecc.?, eppure sono tutte conseguenze “audacemente” previste dalla teoria di Einstein).

Quanto più, viceversa, una teoria è ovvia tanto meno è scientifica.

Ad esempio, la teoria secondo la quale “prima o poi si registrerà un terremoto” è sicuramente verificabile, ma non falsificabile (facilmente), dunque è scarsamente scientifica, mentre la teoria secondo la quale “in tale luogo, il tal giorno, alla tal ora, si verificherà un terremoto di tale magnitudine”, è facilmente falsificabile (è sufficiente che il terremoto previsto non si verifichi o si verifichi senza rispettare tutte le caratteristiche che la teoria gli attribuisce), dunque altamente scientifica (anche se probabilmente falsa, a meno che non superi i controlli, il terremoto si verifichi davvero con le caratteristiche previste: l’autore della teoria vincerebbe probabilmente il premio Nobel, data la difficoltà attuale di prevedere i terremoti!)

L’approccio di Popper ha diversi vantaggi.

In primo luogo tale approccio permette di “salvare” (come faceva anche il convenzionalismo, ma in modo diverso) le “parti” puramente teoriche delle teorie scientifiche, non direttamente soggette a controlli empirici, che mettevano in imbarazzo gli empiristi, da Schlick a Hempel (tipicamente le proposizioni universali e oggetti invisibili come atomi, campi magnetici ecc.).

Nella prospettiva di Popper, che valorizza l’aspetto ipotetico-deduttivo della scienza piuttosto che quello induttivo, possiamo chiaramente distinguere in una teoria scientifica la porzione puramente teorica (parte sommersa dell’iceberg) da quella empirica (parte emersa).

iceberg

Le predizioni (conseguenze empiriche) sono asserzione teoriche che si presentano come asserzioni singolari (parte emersa dell’iceberg) dedotte da quelle generali (parte sommersa). Se gli esperimenti o le osservazioni empiriche si rivelano compatibili con la teoria (nel senso che ne sono deducibili), la teoria si può dire che ha temporaneamente superato i controlli e ne viene corroborata.

Nel caso di più teorie in competizione (ad esempio la teoria di Newton e quella di Einstein), con una “regione” di conseguenze empiriche parzialmente sovrapponibili (vedi figura qui sotto), p.e. l’accelerazione di caduta a livello del mare, posso decidere tra loro mediante un esperimento cruciale (come lo chiamava Francesco Bacone, evocato da Popper), controllando le conseguenze empiriche che non si sovrappongono: se eè falsa mentre e2 è vera allora devo scartare h1 e tenermi h2.

doppio iceberg

Nell’esempio, trascurerò l’accelerazione di caduta al livello del mare (e), che risulta possedere lo stesso valore per entrambe le teorie in esame (e anche per Aristotele!), e mi concentrerò sul comportamento dei fotoni in presenza di una massa gravitazionale. Se i fotoni (privi di massa) si muoveranno in linea retta (e1), la sola teoria capace di salvare questo fenomeno si rivelerà quella di Newton (poiché Einstein prevede una curvatura dello spaziotempo in presenza di masse gravitazionali, tale da influenzare anche il moto dei fotoni). Se, viceversa, il moto dei fotoni subirà una determinata alterazione (e2), rispetto alla linea retta, la sola teoria capace di salvare questo fenomeno si rivelerà quella di Einstein.

In generale, le teorie da preferire secondo Popper sono dunque:

  1. quelle che reggono meglio il confronto con altre teorie;
  2. quelle che si mostrano più adatte a sopravvivere;
  3. quelle che si staccano maggiormente dalla “conoscenza di sfondo”;
  4. quelle controllabili con metodi rigorosi.

I quattro tipi di controllo delle teorie, per Popper, sono:

  1. confronto logico delle conclusioni tra loro: controllare la coerenza interna del sistema;
  2. indagine della forma logica: determinare se la teoria abbia carattere di teoria empirica o scientifica o se sia una tautologia;
  3. confronto con altre teorie: determinare se la teoria configuri un progresso scientifico;
  4. controllo (vero e proprio) della teoria: confrontare i dati empirici con le previsioni della teoria.

Un altro vantaggio dell’approccio di Popper è che, mentre per verificare empiricamente una teoria (come pretendono gli empiristi logici) dovrei fare infinite osservazioni confermative (e neppure basterebbero per via della sottodeterminazione delle teorie da parte dei fenomeni che esse prevedono!), per falsificarla è sufficiente una sola osservazione che la smentisca.

Ciò dipende dalla struttura logica del cosiddetto modus tollens.

Se h implica e, allora –e (non e) implica certamente –h (non h), ma non è detto e implichi h (sottodeterminazione).

Ad esempio, posto che la teoria di Einstein (h) implica che la traiettoria dei fotoni sia curvata dalla presenza di masse gravitazionali (e), allora se la traiettoria dei fotoni non risulta curvata in questo modo (-e) allora necessariamente la teoria è falsa (-h). Invece il fatto che la traiettoria dei fotoni sia curvata come la teoria prevede (e) non implica necessariamente che la teoria sia corretta (h), perché (sottodeterminazione) la ragione per la quale il fenomeno si registra potrebbe essere un’altra rispetto a quella suggerita dalla teoria (la curvatura dello spaziotempo intorno alle masse in questione).

Ciò comporta che secondo Popper le teorie scientifiche ‑ anche quelle più consolidate (come la teoria di Einstein che egli tanto ammirava) ‑ siano e restino falsificabili.

La storia della scienza ci presenta, in effetti,  un numero enorme di teorie falsificate.

Nasce, allora, il problema di sapere se nei secoli si sia verificato davvero un progresso scientifico. Posto che, prima o poi, tutte le teorie si sono rivelate false, come è possibile affermare che alcune teorie (p.e. quella di Newton) siano meno false (e dunque migliori, più progredite o progressive) di altre (p.e. quella di Aristotele)?

Ebbene, le teorie false ‑ che trattano degli stessi problemi e che, quindi, risultano confrontabili tra loro (ma cfr. la critica di Kuhn , di Feyerabend e di Quine all’idea di commensurabilità tra teorie) ‑ Popper propone di giudicarle tramite un criterio di verisimilitudine capace di far prendere una decisione adeguata su quale sia ‑ tra più teorie falsificate ‑ quella migliore, più simile al vero o meno falsa, più ricca di contenuto informativo, con maggiore potere esplicativo e previsivo.

Si tratta di un criterio fondamentale per verificare se assistiamo o meno, nel tempo, a un progresso scientifico.

L’intuizione di partenza è la seguente. Il grado di falsificabilità di una proposizione scientifica è il suo indice d’importanza: se falsificare una proposizione di una teoria risulta semplice, allora la teoria ha minor importanza; più la falsificazione diventa ardua, più aumenta il grado d’importanza dell’affermazione. La teoria di Copernico, ad esempio, è risultata relativamente semplice da smentire tramite osservazioni, invece la teoria di Newton è stata messa in discussione solo dalla relatività di Einstein che presuppone ben più problematici controlli. Dunque, intuitivamente, la teoria di Newton è più progredita di quella di Copernico, sebbene entrambe, a rigore, siano false.

Per tradurre tale intuizione in un criterio logico oggettivo Popper propone quanto segue. Tra due teorie false T1 e T2 ‑ per esempio la teoria copernicana e quella newtoniana, false alla luce di Einstein (T3) -, T2 è più verisimile (più simile al vero) di T1: se tutte le conseguenze vere in T1sono vere in T2; se tutte le conseguenze false in T1, sono vere in T2; e se da T2 sono estraibili altre conseguenze vere non deducibili da T1.

N. B. Per comprendere che cosa si intenda per “conseguenza falsa in una teoria” e “vera in un’altra” si supponga il caso di un corpo che si muova a velocità “relativistica”: il calcolo (conseguenza) della posizione dell’oggetto in questione nel momento t, basata sulla teoria di Newton risulta fallace, mentre lo stesso calcolo, se si tiene conto delle equazioni di Einstein, è veridico, cioè corrisponde a quello che si verifica. Si tratta della “stessa” conseguenza, falsa in un caso, vera nell’altro.

Anche in T2 ci sono conseguenze false, tant’è vero che T2 è falsificata, tuttavia la quantità delle conseguenze vere, cioè il contenuto di verità di T2 è maggiore dei contenuto di verità di T1 e il contenuto di falsità di T2 è minore o uguale al contenuto di falsità di T1. Detto diversamente: una teoria T diventa più verosimile qualora aumenti il suo contenuto di verità e non quello di falsità; ovvero diminuisca il contenuto di falsità e non quello di verità.

Attrezzato di questo criterio “logico” il ricercatore militante dovrebbe decidere poi congetturalmente sulla maggiore o minore verisimilitudine di una teoria nei confronti di un’altra.

Sennonché Pavel Tichy, David Miller e John Harris hanno dimostrato che le definizioni di Popper sono inconsistenti,  in quanto, se a una teoria falsificata aggiungiamo una proposizione vera, allora ‑ dato che nella teoria vi sono conseguenze false ‑ dalla teoria possiamo estrarre anche il prodotto logico di p vera con una f falsa qualsiasi; e questo vuoi dire che se in una teoria falsa aumentano le conseguenze vere, aumentano allora anche le conseguenze false, risultato che nega la prima definizione di Popper.

Consideriamo il secondo caso: Popper dice che la verisimilitudine di una teoria falsa aumenta se diminuiscono le conseguenze false e non quelle vere; ma anche qui le cose non funzionano, giacché se si toglie una proposizione f falsa da una teoria falsa, ci si proibisce di fare una implicazione vera tra la f falsa e una q ugualmente falsa, risultato che è contrario alla seconda definizione prospettata da Popper.

Più semplicemente si può osservare che non è possibile “contare”  il numero degli errori contenuti in una teoria (il fatto che fotoni seguano traiettorie curvilinee in presenza di masse gravitazionali deve essere contato come “un solo” errore della teoria di Newton o per ogni fotone la cui traiettoria appare “curvata” va contato un distinto errore?).

Insomma: tra due teorie false una non può essere più vera dell’altra, così come tra due specie estinte una non può essere più viva dell’altra.

Popper riconobbe subito il suo errore. Noi non abbiamo un criterio di verità (cioè un procedimento che ci permetta di stabilire che una teoria è davvero vera, vera per l’eternità); né siamo in possesso di un criterio di verisimiglianza. Tuttavia, possiamo dire ‑ con L. Laudan ‑ che tra le due teorie è preferibile quella che risolve più problemi e, all’epoca, i problemi più importanti.

d Giorgio Giacometti