La guerra fredda

La fase storica denominata guerra fredda ha condizionato notevolmente la vita politica ed economica, ma anche culturale e scientifica del globo tra la fine della seconda guerra mondiale e la c.d. “caduta del muro di Berlino” (1989) o la dissoluzione dell’Unione Sovietica (1991).

In questo contesto possiamo anche leggere le più significative vicende della storia italiana ed europea a cominciare dalla nascita della Repubblica e dalla promulgazione della nostra Costituzione.

Per seguire le diverse vicende può essere utile consultare la “solita” mappa crono-dinamica degli eventi mondiali o meglio ancora, per il periodo che ci interessa, quest’altra.

Ma, in estrema sintesi, come dobbiamo contraddistinguere questa fase storica?

Dal 1947 al 1991 la guerra diventa calda principalmente in due regioni del mondo: in Corea dal 1950 al 1953 e in Vietnam dal 1964 al 1975. Quest’ultima guerra, tuttavia, (vinta dalla parte “comunista”, a differenza di quella di Corea, conclusa con una sorta di “stallo”, che dura tuttora) segna una cesura sotto il profilo culturale: gli anni Sessanta, infatti, (che nel mondo e, in particolare, in Africa sono caratterizzati dall’importante fenomeno delle decolonizzazione, che apre, tuttavia, a nuove forme di neocolonialismo strettamente collegate alla divisione del mondo in blocchi contrapposti) si contraddistinguono, in Europa, per due fenomeni rilevanti tra loro collegati: il boom economico (che riguarda soprattutto l’Italia e la Germania) e la contestazione giovanile del ’68 che, pur prendendo le mosse dai campus americani (in stretta relazione con le proteste contro la guerra del Vietnam), si diffonde in  Europa e, in particolare, in Francia e in Italia, interessando, paradossalmente, proprio i figli degli esponenti delle classi ricche dei due Paesi. Gli anni Settanta rappresentano, invece, la crisi sotto tutti i punti di vista: economica (esplosa nel ’73 per l’esaurimento della fase espansiva precedente e per il rialzo dei prezzi del petrolio, legato alla persistente conflittualità israeliano-palestinese, che dura ancor oggi, altro teatro in cui si combatte la guerra fredda) e politica: la rivoluzione del ’68 consegue, infatti, importanti risultati culturali e giuridici (in Italia: riforma del diritto di famiglia, legislazione su divorzio e aborto, chiusura dei manicomi; in generale un’ampia liberalizzazione dei costumi), ma non conduce a rilevanti sbocchi politici (sempre a causa della persistente guerra fredda, che “ingessava” i sistemi politici, rendendo difficili alternative di governo) e favorisce il diffondersi del terrorismo di destra e di sinistra.