Nascita e sviluppo dei comuni italiani

La rinascita economica favorì, senz’altro, lo sviluppo delle città e la nascita, in alcune regioni, soprattutto nell’Italia settentrionale, dei liberi comuni.

Cfr. anche questa puntata de Il tempo e la storia.

Al riguardo gli interrogativi sono molti. Perché la forma del “comune” (cioè la costituzione di un’organizzazione non solo economica, ma anche embrionalmente politica della città) contraddistinse soprattutto l’Italia e non altre regioni d’Europa dove pure rinacque il commercio e rinacquero anche le città, come le Fiandre? Forse in Italia era rimasta un’eco dell’antica forma del “municipio” di età romana (magari con la magistratura consolare)? Forse era maggiore la “distanza” dai centri dell’impero? O era più debole la feudalità delle campagne?

Va comunque senz’altro corretto un “luogo comune” diffuso nella storiografia (e nei manuali) del passato. Non furono in generale i commercianti e gli artigiani a “costruire” il comune, almeno nella fase iniziale, ma gli stessi nobili (esponenti della feudalità minore), con la diminuzione delle minacce esterne, iniziarono a inurbarsi per tenere sotto controllo il vescovo locale e godere dei vantaggi della vita cittadina (presenza di mercati, manifatture artigiane ecc.). Furono spesso costoro gli artefici delle coniurationes da cui sorsero i primi organismi comunali, originariamente di diritto privato (come i consigli di amministrazione delle moderne aziende) e, solo dopo aspre lotte (con la feudalità e l’impero) e/o lunghe consuetudini, divenuti di diritto pubblico (cioè vere e proprie magistrature, come gli attuali consigli comunali, provinciali ecc.)

Ciò si verificò durante la fase del comune consolare o aristocratico (XI-XII secc.). Successivamente le lotte tra le fazioni nobiliari (paradigmatico il conflitto “letterario” tra Montecchi e Capuleti nella Verona shakespeariana di Romeo e Giulietta) suggerì in molti casi di chiamare da fuori città un magistrato per dirimere le controversie e reggere il comune per un tempo relativamente breve (in genere un anno): il podestà, esperto di diritto e abile diplomatico (XII-XIII secc.). L’aumento della complessità dell’organizzazione comunale, legato alla maggiore stratificazione sociale interna e all’espansione nel “contado” (l’antico comitatus o contea feudale, da cui il termine “contadini”), rese necessario (XIII-XIV secc.) un ulteriore mutamento del governo comunale, che in genere si svolse in due direzioni:

  1. a Nord, in Lombardia e Veneto (Friuli a est e Piemonte  a ovest rimasero a lungo territori contraddistinti dal dominio della feudalità), si passò precocemente alla forma della “signoria”, cioè al governo personale di personaggi che riuscirono per qualche tempo a imporre la propria dinastia familiare (i Visconti a Milano, i Della Scala a Verona ecc.),
  2. mentre in Toscana prevalsero per lo più le soluzioni “popolari”, come negli Ordinamenti di giustizia di Firenze di fine Duecento, con la “cacciata” dei cosiddetti “magnati”, cioè di membri del ceto dirigente precedente, aristocratico (si trattava, in effetti, del governo dei rappresentanti delle “arti” maggiori, cioè delle corporazioni di artigiani e professionisti di maggior prestigio, come i banchieri, i mercanti, i medici, i notai ecc.)