1 Questioni di verità e di valore
1.1 Test d'ingresso
2 La filosofia come domanda e come disciplina
2.1 La domanda "che cos'è la filosofia?"
2.2 Necessità della filosofia
2.3 Utilità e gratuità della filosofia
2.4 La filosofia come attività fine a se stessa
3 Il principio di non contraddizione e le sue applicazioni
3.1 Differenza tra argomentare e dimostrare
3.2 Gli argomenti di Zenone contro il movimento
4 La filosofia come ricerca razionale relativa al tutto e al suo principio
5 La filosofia di Platone come paradigma del filosofare in generale
1 Questioni di verità e di valore
Si precisi il proprio orientamento in rapporto ai valori e al significato che si è portati ad attribuire a una serie di termini (come "filosofia") e la propria disponibilità a discuterne. Attraverso la mediazione dei filosofi antichi e moderni (dei loro testi e dei concetti che ne scaturiscono) è possibile sviluppare il dibattito sull'importanza relativa dei valori (etica) e sulle reciproche relazioni di interdipendenza. Analogamente è possibile discutere il senso e il valore di verità di una serie di concetti.
Si risponda sinceramente alle seguenti domande. Le diverse possibili risposte possono essere tutte più o meno corrette. Lo scopo del test non è solo quello di valutare il livello delle proprie conoscenze, ma quello di ricavare indicazioni relative ai mezzi linguistici di cui ci si vale ordinariamente nella comunicazione..
1. Che
cosa significa essere buoni?
2. Che significa virtù?
3. Che cos'è la giustizia?
4. Che cos'è la politica?
5. Che significa ragione?
6. Che differenza c'è tra scienza e opinione?
7. Che cos'è l'arte?
8. Che cos'è la religione?
9. Che differenza c'è tra affermare qualcosa e dimostrarla?
10. Che cos'è la filosofia?
Si ordinino i seguenti temi e problemi, numerandoli da 1 a 15 in funzione del grado d'importanza che si attribuisce a ciascuno di essi per la propria vita. E' importante essere sinceri (a chi, per esempio, - in fondo in fondo - non piacerebbe avere più denaro, più successo, più potere?) in modo da orientare, nella misura del possibile, lo studio e la discussione in filosofia verso quanto ci sta più a cuore
Temi e problemi
2 La filosofia come domanda e come disciplina
2.1 La domanda "che cos'è la filosofia?"
Provvisoriamente possiamo dire che la filosofia sia ciò che un manuale
o un esperto suggeriscono che sia. Non è possibile una risposta immediata
e definitiva alla domanda "che cos'è la filosofia" perché
manca un oggetto univoco del sapere filosofico su cui i filosofi concordino.
Ciascuna "filosofia" particolare dà una propria definizione
dello stesso termine "filosofia".
Ognuno di noi ha una sua "filosofia", diversa da quelle degli altri,
o, meglio, uno stile di vita. Questa filosofia di ciascuno non è ancora
filosofia perché è spesso costituita da elementi acquisiti
in modo passivo, assorbiti meccanicamente dall'esterno senza alcuna "consapevolezza
critica".
La cosiddetta "filosofia", per esempio, dell'allenatore di una squadra
di calcio è sostanzialmente solo l'opinione dell'allenatore sulla
migliore organizzazione della squadra, ma non è né una scienza,
né il desiderio di una scienza in senso assoluto. La filosofia
di ciascuno non è ancora filosofia perché, possiamo dire, è
solo opinione.
La filosofia di ognuno non è, dunque, ancora filosofia. Ma questo -
ha osservato acutamente un giorno una studentessa - non potrebbe valere anche
per i grandi pensatori della storia, le filosofie dei quali, benchè "alte",
"famose" e più o meno "condivise", sono comunque
filosofie personali, che incarnano una, la propria, concezione del mondo
e dell'uomo e non necessariamente la concezione universale? Dunque sembrano
anch'esse né più, né meno che opinioni.
Ma esiste un'universale visione del mondo? Esiste la verità (cioè
un punto di vista diverso dalla semplice opinione di qualcuno)? Esiste, per
esempio, un confine ben definito fra bene e male oppure questo confine è
così illusorio che ognuno di noi non riesce mai a decidere con precisione
da quale parte si trova? Arriviamo dunque alla domanda-chiave
esiste la
filosofia?
Forse solamente diventando soggetti criticamente consapevoli della visione del mondo propria e degli altri saremo in grado di sviluppare una propria, autentica filosofia. Ma questo ancora non ci dice che cosa la filosofia sia.
L'impossibilità di trovare una risposta immediata e definitiva alla domanda "che cos'è la filosofia" è determinata, forse, dal fatto che ogni singola "concezione filosofica" ha, a sua volta, una propria concezione della filosofia.
Forse solo confrontando tali concezioni diverse è possibile giungere ad una nostra concezione del significato del termine "filosofia", ad una nostra personale "filosofia della filosofia", sempre che questo sia desiderabile. Difatti non esiste una definizione accettata da tutti coloro che si occupano professionalmente della disciplina e tale mancanza è dovuta fondamentalmente alla mancanza stessa di un accordo su quale ne sia l'oggetto, in che cosa consista e come proceda. Ecco perché è ragionevole che solo lo studio della storia del pensiero, o, almeno, di alcuni suoi momenti forti, fornendoci un quadro sufficientemente ampio della varietà dei significati attribuiti al termine "filosofia", possa consentirci di giungere, mediante scelte criticamente consapevoli, ad una nostra concezione della filosofia e del suo significato.
La domanda stessa "che cos'è la filosofia " è perciò uno degli svariati temi e problemi tipicamente filosofici. Concludendo, dunque, si può forse dire che ognuno di noi rispondendo alla domanda "che cos'è la filosofia" in quello stesso momento è soggetto del filosofare.
Le diverse scienze a cui siamo abituati nel nostro tempo (l'epoca moderna)
non si domandano più che cosa sia il loro oggetto od argomento,
ma piuttosto lo presuppongono.
Per esempio: la biologia o scienza della vita (bìos)
presuppone il concetto di vita e ne studia le forme. Se la biologia si domandasse
che cos'è la vita uscirebbe dal proprio campo e si trasformerebbe il
filosofia. Infatti per definire la vita dovrei distinguerla da ciò che
vita non è. Ma per distinguere la vita da ciò che vita non è
dovrei conoscere non solo le forme della vita (argomento della biologia), ma
anche quelle di ciò che non è vita (che esulano dall'argomento
della biologia). Per sapere che cosa la vita ha in comune con ciò che
vita non è (per esempio il fatto di essere qualcosa) dovrei conoscere
l'elemento comune alla vita e alla non vita (l'essere), dunque ancora
sempre uscire dalla biologia.
Anche la matematica presuppone il proprio oggetto, il numero o lo spazio,
considerandolo evidente o considerando evidenti le convenzioni su cui
tali oggetti si fondano. Essa, a ragione o a torto, non considera necessario
interrogarsi su che cosa sia il numero o lo spazio. In ultima analisi per conoscere
"profondamente" una cosa qualsiasi non basta che io ne presupponga
l'evidenza, ma devo conoscere che cosa sia, distinguendola dalla altre
cose. Devo infine conoscere che cos'è l'essere in generale (cioè:
"che cosa significa essere una cosa"), dal momento che tutte
le cose che sono sono "fatte" di essere. Che questa domanda ultima
si nasconda dietro le presunte (= presupposte) certezze delle diverse scienze
non implica che a questa domanda la filosofia sia capace di dare risposta.
Chiedendoci che cos'è la filosofia, dunque, abbiamo fatto filosofia.
Non siamo giunti a una risposta univoca (cioè avente un solo significato),
dunque definitiva. Cercavamo l'essenza della filosofia e abbiamo trovato un
esempio di filosofia. La domanda era un esempio della risposta.
Discutiamo il seguente passo del filosofo Aristotele (IV sec. a. C.)
O si deve filosofare o non si deve: ma per decidere di non filosofare è pur sempre necessario filosofare: dunque in ogni caso filosofare è necessario
Aristotele, Protrettico
La filosofia è necessaria perché anche colui che si domanda
se lo sia, mentre se lo domanda, già fa filosofia. In generale: se
non mi contento di una spiegazione qualsiasi di un fenomeno ma chiedo che cosa
essa presupponga, e non mi contento neppure di questa seconda spiegazione, ma
chiedo ancora i fondamenti ultimi di una qualsiasi preteso sapere, finisco necessariamente
per filosofare, perché nessun sapere (nessuna "disciplina"
anche scientifica) sa tutto di se stessa.
La filosofia è necessaria come domanda, non come risposta. Filo-sofia,
infatti, dal greco phìlos = amico e sophìa = sapienza,
significa "amore della sapienza", dunque significa ricerca del
sapere, non possesso di esso.
La filo-sofia è "amore del sapere". Questa risposta,
ricavata dall'etimologia della parola, come ogni altra risposta è necessariamente
provvisoria, per due ragioni:
a) innanzitutto, perché essa spiega una parola mediante altre parole
le quali andrebbero a loro volta spiegate mediante altre parole così
via ad infinitum;
b) in secondo luogo, perché questa risposta, in quanto semplice giudizio
o affermazione relativa all'essenza di una cosa, dovrebbe essere giustificata,
fondata, argomentata, dimostrata. Fin tanto che non lo è, essa indica
solo l'apparenza di un'essenza.
2.3 Utilità e gratuità della filosofia
Difficile dire a che cosa serva la filosofia o se serva. Si può provvisoriamente
rispondere che serve a orientarsi nel mondo in cui viviamo. La controprova
che la filosofia è più utile di quello che non sembri la possiamo
ricavare dalla constatazione (negativa) che spesso i filosofi hanno pagato con
la vita la loro attività filosofica.
Se la filosofia fosse così superflua come potrebbe sembrare, chi di volta
in volta, storicamente, deteneva il potere non se ne sarebbe sentito minacciato.
Non si sarebbe assistito p.e al rogo di Giordano Bruno o all'esecuzione di Socrate.
cfr. Aristotele, Metafisica
[porzione del testo in corsivo]
I "veri" filosofi, secondo la concezione aristotelica, hanno bisogno
di ozio, di libertà (anche da preoccupazioni economiche, oltre che di
onore, di prestigio sociale ecc.), di tempo libero per dedicarsi al pensare.
Nella prospettiva aristotelica si può dire dunque che la filosofia
sia un gioco, ma quel gioco di cui, dal suo punto di vista, non v'è
nulla di più serio.
Insomma: la vera filosofia non deve, né vuole servire a niente, è
libera, tuttavia questo non significa che non serva effettivamente a niente.
La filosofia non vuole servire a niente, ma in realtà potrebbe
servire a molto.
In Platone la libertà del filosofo è caratterizzata dai seguenti
tratti:
- disponibilità di tempo di libero (scholé),
- ricerca della sola verità piuttosto che di qualche immediato
vantaggio,
- (apparente) ignoranza e noncuranza delle cose del mondo,
- ricerca non della soluzione di casi particolari alla luce di regole
generali presupposte (come gli avvocati), ma di queste stesse definizioni
generali delle cose (che cos'è x, chi è y ecc.),
- indipendenza da ogni genere di servitù.
Emblematica la storiella di Talete, vissuto nel VII sec. a. C, il primo filosofo di cui sia abbia notizia, riferita da Aristotele: Talete per contemplare le stelle cadde nel pozzo. Ma cfr. quanto detto nelle Testimonianze sui presocratici circa la straordinaria abilità "speculativa" di Talete: prevedendo un'annata sfavorevole per la raccolta delle olive acquistò per tempo tutti i frantoi di Mileto per affittarli poi in condizioni di monopolio!
2.4 La filosofia come attività fine
a se stessa
Da quanto si è visto risulta, dunque, che la filosofia è un'attività
fine a stessa, analoga per es. a (probabilmente):
scienza, gioco, sport, piacere, felicità, sogno...
Facciamo il seguente esempio, riguardante la felicità:
"a) Se sono felice e qualcuno mi assegna un incarico oneroso, non
ne sono infastidito; ma
b) se fossi infelice e qualcuno mi assegnasse il medesimo incarico, ne
sarei infastidito".
In quale dei 2 casi svolgerò meglio l'incarico? Nel caso a), naturalmente.
Ma ciò non implica che cercassi di essere felice per fare bene le
cose. Si cerca di essere felici solo per essere felici.
La filosofia, analogamente, è attività che si
pratica senza scopo, ma che può avere effetti collaterali, effetti
derivati, di conseguenza.
Essere felici, ad esempio, non è un mezzo che ha per scopo quello di
fare le cose meglio; ma quando lo si è, si fanno le cose meglio
La filosofia, allo stesso modo, dovrebbe essere cercata come una scienza
libera, cioè fine a se stessa, non allo scopo di servire a
qualcosa.
L'ingegneria, p.e., serve per costruire, p.e., un ponte (scienza per scopo
pratico = arte o tecnica). La conoscenza, in questo caso, è
lo strumento nella tecnica (tèchne [gr.] = arte), mentre nella
scienza pura (o libera) la conoscenza è fine a sestessa. [Cfr. le artes
liberales del Medioevo]
Eppure G. Gentile, confermando e potenziando l'insegnamento della filosofia nella scuola secondaria, sperava che fosse utile, anche se la concepiva classicamente come fine a se stessa. Una contraddizione? No, se riflettiamo sul rapporto tra scopo ed effetto di un'attività.
Nel caso di scienza, gioco, sport, piacere, felicità, sogno ciascuna di queste occupazioni viene perseguita per se stessa (se si tratta autenticamente di gioco, sport ecc. e non di un trucco per fare denaro o dominare gli altri ecc.). Ma ciò non toglie che essa possa avere effetti positivi sulla vita di chi la pratica o di altri uomini, anche se questi non possono essere im-mediatamente scopi.
Così la filosofia non sarebbe stata introdotta nei programmi dal Legislatore
se non questi non avesse ritenuto che potesse essere utile ai giovani. Ma se
mediatamente la si può studiare per la sua utilità (insegna
a ragionare, a collegare ecc., tutte abilità utili ad avere successo),
im-mediatamente, come tutto ciò che si studia del resto, esige
di essere studiata per se stessa.
La filosofia
insegnata a scuola, la "disciplina scolastica", è comunque
una "filosofia" costretta, obbligata: siamo tenuti a insegnare
o ad apprendere; siamo "valutati" a seconda di come lo facciamo.
Quella praticata a scuola, ad onta dell'etimologia del termine "scuola",
dal greco scholé, è, dunque, una quasi-filosofia:
facciamo qualcosa che ci dà degli indizi su che cosa sia la vera
filosofia. Bisogna infatti precisare e ammettere che la "filosofia"
come disciplina scolastica è solo una vaga approssimazione alla
"filosofia" come forma di vita. Come disciplina essa, del pari
delle altre "materie", implica verifica e valutazione del rendimento
degli studenti (e dell'insegnante), dunque non è facile praticarla
solo per se stessa e non per avere buoni risultati.
|
3 Il principio di non contraddizione e le sue applicazioni
3.1 Differenza tra argomentare e dimostrare
La differenza tra argomentazione e dimostrazione sta nel fatto che nella prima l'ipotesi è incerta e richiede una "dimostrazione" a sua volta, mentre nella seconda viene concepita come vera: si passa, quindi, alla tesi per deduzione. |
In generale l'argomentazione "funziona" quando l'interlocutore condivide, a ragione o a torto, gli argomenti di chi parla, anche se inizialmente non ne condivideva la tesi. Allora l'interlocutore "si converte" alla tesi di chi parla, indipendentemente dalla verità o falsità delle sue premesse.
Nella geometria si parla sempre di dimostrazioni, perché consideriamo
vere (per evidenza) le ipotesi inziali (dette assiomi) senza bisogno di dimostrarle:
Nessuno, per es., ha mai "protestato" per la definizione di triangolo,
anche se in natura non esiste alcuna forma geometrica del genere (avente 180°
come somma degli angoli interni ecc.) cioè non esiste nessun triangolo
perfetto.
Riguardo al concetto di perfezione si potrebbe dire molto. Dal punto di vista "platonico" potremmo subito osservare che, anche se per quanto ci riguarda, nella realtà sensibile, non esiste niente di perfetto, tuttavia, "a livello ideale", la perfezione deve esistere: altrimenti non potremmo fare confronti, pensieri, e critiche che la presuppongono (per esempio quando appunto si dice che qualcosa "non è perfetto"). Inoltre non potremmo nemmeno migliorare, perché non sapremmo in quale direzione andare. |
Possiamo concludere che sia nell'argomentazione che nella deduzione la struttura
logica è sempre la stessa, cioè
ipotesi tesi.
La differenza sta nella "solidità" minore o maggiore dell'ipotesi
di partenza.
3.2 Gli argomenti di Zenone contro il movimento
Il metodo di dimostrazione di Zenone è per assurdo (argomentazione per
assurdo). Zenone, infatti, a sostegno della sua tesi, fa un ragionamento per
assurdo: negandola e giungendo quindi ad una contraddizione.
Egli sembra ricorrere ad esempi tratti dalla realtà (argomentazione per
esperienza o per induzione). Ma in effetti egli li trasforma in casi ideali
prendendo in considerazione il loro aspetto logico, astratto. Egli si pone come
obiettivo quello di confutare le opinioni comuni sulla realtà (nel caso
particolare, la nozione di movimento) con semplici argomentazioni di ordine
logico-matematico, che, se prese in considerazione, risultano vere "in
teoria", anche se appaiono continuamente smentite dalla "realtà"
di cui si ha esperienza.
Per Aristotele la filosofia scaturisce dal bisogno di sapere, di fuggire dall'ignoranza.
La filosofia avrebbe avuto inizio nell'antichità da quegli uomini che
hanno voluto conoscere per uscire dall'ignoranza, sicché si sarebbe iniziato
a filosofare per il solo scopo di conoscenza e non per bisogni pratici.
In una parola: la filosofia nasce non dal bisogno, ma dalla meraviglia.
cfr. Eraclito, Frammenti
La causa di ciascuna cosa è il suo opposto. La causa di ciascuna cosa
è l'esistenza del suo contrario.
cfr. anche Aristotele, Metafisica
4 La filosofia come ricerca razionale relativa
al tutto e al suo principio
La filosofia, come abbiamo visto, non si accontenta dei presupposti o ipotesi da cui muovono le diverse scienze, ma si chiede ostinatamente che cosa essi siano, in che relazione siano gli uni con gli altri ecc.
Questo significa che la filosofia non si accontenta di un sapere parziale,
come quello delle scienze particolari, che non solo non sanno tutto di tutto,
ma neppure tutto di qualcosa, ma sanno soltanto qualcosa di qualcosa, cioè
qualcosa dal loro particolare punto di vista (per esempio che cosa sia l'animale,
ma solo, per esempio, in relazione al vivente, non in relazione all'ente in
generale).
Se so che x è y, ma non so che cos'è y posso dire di sapere che
cos'è x? Se so che l'uomo è un animale intelligente, ma non so
che cosa sia l'intelligenza, posso dire di sapere che cos'è l'uomo? E
se so che l'intelligenza è la capacità di intendere, ma non so
che cosa sia una capacità posso ancora dire di sapere che cos'è
l'uomo?
In definitiva, per sapere una cosa qualsiasi, il che significa sapere quale
relazione tale cosa intrattiene con tutte le altre, bisogna prima che conosca
tutte le altre. Ciò implica che, contrariamente a quello che si crede,
non è possibile conoscere la parte prima del tutto, l'effetto
prima della causa e, paradossalmente, che fuori della filosofia non c'è
sicura scienza (cioè compiuta, esauriente circa i propri oggetti),
sebbene la filosofia sia lungi dall'essere una scienza, limitandosi a ricercare,
interrogandosi, un sapere che le sfugge.
Che la filosofia indaghi il tutto, il generale è attestato da colui che per tradizione è considerato il primo filosofo, Talete di Mileto (colonia greca della Ionia, costa dell'Asia minore), del sec. VII a. C. Riferisce Aristotele: "Talete [...] dice che il principio [di tutte le cose] è l'acqua desumendo indubbiamente questa sua convinzione dalla costatazione che il nutrimento di tutte le cose è umido [...]. Ora, ciò da cui tutte le cose [pànta] si generano è, appunto, il principio di tutto. Egli desunse dunque questa convinzione da questo fatto e dal fatto che tutti i semi di tutte le cose hanno una natura umida e l'acqua è il principio della natura delle cose umide ".
Del secondo filosofo di cui ci parla Aristotele, Anassimandro (VI sec.
a. C.) discepolo di Talete, Simplicio (autore tardo) riferisce: "Anassimandro
di Mileto [...] affermava che principio e elemento delle cose è l'infinito
(àpeiron), introducendo per primo il termine principio (arché);
e diceva che esso non era né acqua [come diceva invece Talete], né
un altro di quelli che si chiamano elementi, ma un'altra natura infinita da
cui provengono tutti i cieli e gli universi in essi contenuti"
Da queste testimonianze vediamo che:
5 La filosofia di Platone come paradigma del
filosofare in generale
Platone,
vissuto nel IV. sec. a. C. ad Atene, è il primo filosofo di cui ci
sono rimasti tutti gli scritti. Attraverso di essi è possibile ricostruire
sia la filosofia del suo maestro, Socrate (V sec. a. C.), sia di molti
altri filosofi precedenti, detti pre-socratici, come i ricordati Eraclito
e Zenone, di cui ci sono rimasti solo frammenti. Non solo: egli nei suoi 36
dialoghi imposta la discussione (spesso senza arrivare a conclusioni definitive)
di tutti i principali problemi filosofici, molti dei quali sono tutt'ora
oggetto di trattazione.
Qualcuno, con una certa esagerazione, ha sostenuto: "Platone è
la filosofia", mentre qualcun altro ha affermato che il resto della
storia della filosofia non sia altro che una serie di glosse a Platone (cioè
di appunti presi a commento dei suoi testi, un po' come la teologia cristiana
è una serie di commenti alla Bibbia).
Leggendo Platone (brani tratti dai suoi dialoghi), dunque, da un lato cominciamo
a conoscere gli scritti del primo grande filosofo antico, dall'altro lato ci
cimentiamo nella discussione di una serie di problemi filosofici, specialmente
in campo etico e politico (oltre che psicologico e religioso), alcuni dei quali
ancora attuali, cercando di assimilare il metodo della discussione filosofica.