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LO SPORTELLO DI CONSULENZA FILOSOFICA PER L'ORIENTAMENTO

 

A scuola, come altrove, l'orientamento educativo, a differenza di quello disciplinare-formativo, è, in generale, affidato agli psicologi.

La psicologia, scienza nata in tempi relativamente recenti dal tronco della filosofia, come si sa, si è evoluta da un tipo di sapere sperimentale-laboratoriale a una pratica di ampia diffusione, dalle molte matrici teoriche e dai più diversi ambiti operativi. Alcuni indirizzi di psicologia, in particolare, sembrano ispirare più di altri interventi di tipo orientativo; in particolare, come è naturale, quelli che si focalizzano sul tema della scelta, della decisione, della progettazione di vita .

Senza mettere in discussione, in generale, la legittimità di un approccio psicologico all'orientamento, non si può sottacere, in questa sede, il rischio di una psicologizzazione del problema della scelta, quando questa investe la sfera esistenziale piuttosto che ambiti più ristretti, di ordine pratico.

Lo psicologo, per quanto attento a non fornire risposte al soggetto che cerca di orientarsi, ma solo metodi per operare delle scelte può inavvertitamente condizionare queste scelte stesse in diversi modi:

Naturalmente - si osserverà - qualsiasi attività di orientamento, per quanto "neutra", se non vuole restare inefficace, deve assumersi la responsabilità di influenzare in qualche modo le scelte di coloro a cui si rivolge. La questione, quindi, si sposta sul come e sul perché di quest'azione.

Se si ammette che le nostre scelte siano comunque condizionate da qualcosa e qualcuno, si tratterà di emancipare il più possibile il soggetto dai condizionamenti spuri, che non lo aiutano a riconoscere ciò che è meglio per lui.

 

Conoscere se stessi (e, quindi, ciò di cui veramente si ha bisogno) appare lo scopo essenziale dell'orientamento educativo come "arte" delle scelta consapevole.

Il fatto di rappresentarsi un soggetto in uno qualsiasi dei molti modi in cui le diverse correnti della psicologia se lo rappresentano - ossia, in termini filosofici, il fatto di muovere da un'ipotesi antropologica precostituita - non sembra il miglior viatico per favorire una conoscenza di sé (come singolo, come soggettività irripetibile), scevra di presupposti e di vincoli estrinseci.

Nulla vieta, ovviamente, in sede teorica, di supporre che l'uomo agisca, ad esempio, sulla base del modello comportamentistico stimolo/risposta: tale ipotesi, peraltro indimostrabile, può permettere senz'altro di effettuare interessanti esperimenti; ma i loro risultati hanno valore solo entro la cornice dell'ipotesi stessa.

Il discorso cambia se sulla base di questo modello (o di un altro, anche più complesso o "umanistico") suggerisco a qualcuno una strategia per prendere una decisione "esistenziale": qui, uscito dal "laboratorio", la mia azione da teorica si fa pratica e investe l'ambito etico (nonché la deontologia professionale di me come "esperto"): decisioni fondamentali per l'esistenza di una persona potrebbero venire assunte sulla base di un'ipotesi sulla natura del soggetto che le prende; ipotesi che, in quanto tale, potrebbe anche essere sbagliata!

 

L'approccio filosofico non ha dalla sua né un metodo definito, né un determinato modello del soggetto a cui si rivolge: ma proprio in questa apparente debolezza, come ora si può ben comprendere, consiste la sua forza.

Il filosofo, in quanto essere umano, dialogando con il soggetto che cerca di orientarsi, lo aiuta a "conoscere se stesso" e, su questa base, a riconoscere quale scelta, nella situazione data, potrebbe meglio operare; senz'altro "metodo" che quello che di volta in volta gli suggerisce la sua umanità e la sua intelligenza, certo: filosoficamente educata.

Libero dalle sovrastrutture costituite da un'immagine preconfezionata dell'altro e da tecniche per la presa di decisioni di dubbia pertinenza e di incerto valore, il filosofo è un esperto altrettanto di bilanci razionali che di dubbi radicali, conosce il disagio del dover prendere decisioni nella misura in cui egli stesso lo vive, non disdegna le forme di illuminazione che possono venire da intuizioni e ispirazioni, mette in guardia dalle emozioni senza disprezzarle, ma cercando di sviscerarne l'intima motivazione; in ultima analisi, sapendosi muovere tra le più diverse prospettive e concezioni della vita, educato a leggere e interpretare la visione del mondo del proprio interlocutore, con grande rispetto per la modalità con cui questi spontaneamente prenderebbe la sua decisione, cerca di aiutarlo a ricollocare il problema della scelta (che, in via di principio, potrebbe anche essere radicale e irriducibile a un calcolo "razionale": si pensi alla scelta religiosa o, in generale, al risultato di un "innamoramento") sul suo terreno proprio, che non è quello psicologico, ma quello esistenziale.

 

Per realizzare concretamente in un istituto scolastico un'attività di consulenza filosofica a scopo di orientamento o anche di semplice "ricerca di senso" è sufficiente aprire uno "sportello" dedicato a tale servizio, con modalità (tempi, spazi ecc.) compatibili con l'organizzazione della scuola.

Tra queste modalità, alla luce degli spunti offerti dal progetto e-philosophy, parrebbe da non disdegnarsi, per l'appunto, quella consistente nel ricorso, oculato e attento, alla posta elettronica.

Tale strumento, tuttavia, più che introdurre a una sessione di consulenza a distanza, potrebbe proficuamente essere adottato per proseguire un dialogo cominciato in una relazione in presenza.

 

Per realizzare lo sportello occorre presentare alla scuola interessata un progetto, come quello che qui proponiamo a titolo di modello [file rtf].

 

per informazioni: info@platon.it

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