&  Giovanni Battista Vico, Scienza nuova (1744), Conchiusone dell'opera

 

Eterogenesi dei fini

 

Perché pur gli uomini hanno essi fatto questo mondo di nazioni (che fu il primo principio incontrastato di questa Scienza, dappoiché disperammo di ritruovarla da' filosofi e da' filologi)[1]; ma egli è questo mondo, senza dubbio, uscito da una mente spesso diversa ed alle volte tutta contraria sempre superiore ad essi fini particolari ch'essi uomini sì avevan proposti[2]; i quali fini ristretti, fatti mezzi per servire a fini più ampi, gli ha sempre adoperati per conservare l'umana generazione in questa terra[3]. Imperciocché vogliono gli uomini usar la libidine bestiale e disperdere i loro parti, e ne fanno la castità de' matrimoni, onde surgono le famiglie; vogliono i padri esercitare smoderatamente gl'imperi paterni sopra i clienti, e li assoggettiscono agl'imperi civili, onde surgono le città; vogliono gli ordini regnanti de' nobili abusare la libertà signorile sopra i plebei, e vanno in servitù delle leggi, che fanno la libertà popolare; vogliono i popoli liberi sciogliersi dal freno delle lor leggi, e vanno nella soggezion de'  monarchi; vogliono i monarchi, in tutti i vizi della dissolutezza che gli assicuri, invilire i  loro sudditi, e gli dispongono a sopportare la schiavitù di nazioni più forti; vogliono le nazioni disperdere se medesime, e vanno a salvarne gli avanzi dentro le solitudini, donde, qual fenice, nuovamente risurgano[4]. Questo, che fece tutto ciò, fu pur mente, perché '1 fecero gli uomini con intelligenza; non fu fato, perché 'l fecero con elezione; non caso perché con perpetuità, sempre così faccendo, escono nelle medesime cose[5].

 



[1] La “Scienza” nuova di cui parla Vico è la scienza della storia, che ha per oggetto ciò che gli uomini hanno fatto. La tesi di Vico è che il “mondo di nazioni” sia conoscibile, a differenza di quello della natura, proprio perché ne sono artefici gli stessi uomini.

[2] Lo stesso mondo, che pure è prodotto degli uomini, è uscito anche da una Mente superiore, ossia da quella provvidenziale di Dio. Come è possibile questo paradosso?

[3] Ecco la tesi dell’“eterogenesi dei fini”, di capitale importanza. I “fini ristretti” (in generale, egoistici) degli uomini sono stati impiegati, senza che essi stessi se ne avvedessero, per servire i fini divini. Seguono esempi.

[4] In tutti questi esempi paradossali si vede come, ad onta degli scopi meschini che gli uomini si sono, di volta in volta, proposti, le loro stesse azioni combinate abbiano finito - per ironia della sorte - per produrre risultati, effetti, non voluti dagli uomini, spesso anzi opposti a quelli voluti, che rappresentano, però, i fini di Dio.

[5] La causa del “progresso” del mondo è “mente”, “elezione” (ossia libertà di scelta, non fato), qualcosa di simile a una legge di natura, piuttosto che al “caso”, perché agisce con regolarità. Il libero arbitrio non solo, quindi, non esclude la provvidenza, ma neppure l’ordine naturale degli eventi (che, quindi, sono prevedibili da una “Scienza” dei corsi e ricorsi storici, come quella che Vico qui espone).