&  da Platone, Repubblica, 506b-509c

L’idea del bene al di là dell’essere e della conoscenza – l’immagine del Sole

 

‑E sai anche che i più credono che il bene consista nel piacere, mentre i più dotati di intelligenza credono che consista nella conoscenza. ‑Come no! ‑E nemmeno ignori che questi ultimi non sanno spiegare in che cosa consista questa conoscenza, e messi alle strette alla fine devono dire che consiste appunto nella conoscenza del bene. ‑Ed è proprio una cosa strana, (506c) disse. ‑Eh sì, [...] perché si riferiscono al Bene come se noi dovessimo capirli solo perché ne pronunciano il nome. ‑E vero, disse. ‑E non perdono il filo anche quelli che definiscono il bene come piacere? Perché anche loro sono costretti ad ammettere che alcuni piaceri sono cattivi. ‑Come no?, disse. [...] (d) ‑In ogni caso, i problemi relativi al bene sono numerosi e difficili. vero. [...] (507a) ‑E allora, affermai, ne parlerò solo dopo avervi ricordato quel che è stato detto prima e in molte altre occasioni. (b) Che cosa?, domandò.

‑Noi diciamo che vi sono molte cose belle, e molte cose buone, e le distinguiamo razionalmente, così come molte altre cose del genere. ‑ Sì, lo diciamo. ‑E diciamo anche che c'è il. bello in sé, il buono in sé, e così per tutte le cose che prima abbiamo considerato molte: diciamo cioè che a tutte corrisponde un'Idea unica, in relazione alla quale appunto diciamo di ciascuna cosa "ciò che è". così. ‑E le cose molteplici diciamo che vengono vedute, ma non pensate; e le idee, invece, che vengono pensate, ma non vedute9. (c) ‑Certo. ‑E con quale facoltà noi vediamo le cose che si vedono? ‑Con la vista, disse. ‑E con l'udito le cose che si odono, e con gli altri sensi le cose che si sentono. ‑Ovvio. ‑E non hai mai osservato, chiesi, quanto più preziosa di ogni altra l'artefice dei sensi abbia formato la facoltà di vedere e di essere veduto? ‑ Non troppo, ammise. ‑Pensaci allora: l'udito e la voce hanno forse bisogno di qualcos'altro per udire ed essere udita, di qualcosa cioè (d) mancando il quale uno non udrà e l'altra non sarà udita? ‑No, affatto, disse. ‑E nemmeno, mi pare, gli altri sensi. O no? No, confermò. ‑E non pensi invece che la facoltà di vedere e di essere visto ne abbia bisogno? ‑Cioè? ‑Anche se la vista è negli occhi e i colori nelle cose, sai bene che la vista non vedrà e i colori non saranno veduti, se non si aggiungerà un terzo fattore, (e) che serve proprio a questo scopo. ‑E cos'è questo terzo fattore?, chiese. ‑ è quella che chiami luce, risposi. vero, disse. [...] (508a) ‑Fattore più di ogni altro prezioso. ‑Veramente prezioso, ammise. ‑E quale degli dèi del cielo fa questo? [...] ‑E chiaro quello che devo dire: il sole. ‑Ebbene, la vista non ha con questo dio un particolare rapporto? ‑Quale? ‑La vista non è il sole, né essa né ciò in cui si forma, (b) cioè l'occhio. vero. ‑Ma‑di tutti gli organi di senso, credo, l'occhio è il più vicino al' sole. ‑Molto. ‑E la facoltà che ha, non gli deriva e quasi fluisce dal sole? ‑Proprio così, disse. ‑ E d'altra parte neanche il sole è la vista; però, essendo causa di essa, è da essa veduto. ‑E così, disse.

‑Ebbene, conclusi: [...] (c) il sole nel mondo visibile, in rapporto alla vista e agli oggetti visibili, è quello che è il Bene nel mondo intelligibile, in rapporto all'intelligenza e alle realtà intelligibili. ‑Come?, domandò. Spiegamelo ancora. ‑Lo sai, ripresi, che gli occhi, quando si volgono a cose non illuminate dalla luce del giorno ma dagli astri della notte, hanno una visione offuscata e sono quasi ciechi, come se la loro vista non fosse pura. ‑Certo, disse. (d) ‑E quando invece si volgono a cose illuminate dal sole, vedono con chiarezza e la loro vista risulta pura. ‑E allora? ‑Pensa che sia così anche per l'anima. Quando si volge a ciò che è illuminato dalla verità e dall'essere, lo comprende e lo conosce, e risulta dotata di intelligenza; quando invece si volge a ciò che è pieno d'ombra, a ciò che nasce e perisce, non può che opinare, e vede oscuro e muta opinione, e risulta priva di intelligenza. ‑Così risulta, in effetti. (e) ‑Ebbene: ciò che illumina di verità le cose conosciute e dà all'anima la facoltà di conoscerle, di' che è l'Idea del Bene. Essa è dunque principio di conoscenza e di verità, che sono belle; e perciò puoi ritenerla a ragione ancora più bella. E come la luce e la vista vanno considerate vicine al sole (509a) ma non sono il sole, così conoscenza e verità vanno considerate vicino al Bene ma non sono il Bene: questo va posto ancora più in alto. Straordinaria bellezza, questa che dici, se è principio di conoscenza e di verità, ma le supera. Non si tratta dunque del piacere! ‑Taci!, esclamai, e segui ancora il paragone. (b) ‑E come? ‑ Sarai d'accordo, penso, nel dire che il sole fornisce alle cose visibili non solo la possibilità di essere vedute, ma anche vita, sviluppo e nutrimento, pur non essendo esso né vita né sviluppo. ‑E come no? ‑E allora, allo stesso modo dirai che le cose conoscibili non ricevono dal Bene solo la possibilità di essere conosciute, ma anche l'essere e l'essenza, pur non essendo il Bene essere ed essenza, ma qualcosa di più alto in dignità e potenza. (c) ‑Per Zeus, esclamò comicamente Glaucone, che divina superiorità! [...]