&  da Platone, Repubblica, 376d-404e

L’educazione dei custodi: funzione mimetica di cultura, ginnastica, musica

 

‑A questo punto, mettiamo che un uomo del genere esista. Ebbene, secondo quali criteri dovremo allevarlo ed educarlo? [...] (d) Facciamone come un mito, e, prendendoci il tempo necessario, a forza di ragionamenti fissiamo l'educazione di questi uomini. (e) ‑ Proprio così. ‑Bene: quale educazione, allora? sarà ben difficile trovarne una migliore di quella trovata già da tempo: la ginnastica per il corpo e la cultura per l'anima. ‑ Così. ‑E nel nostro discorso non sarà meglio cominciare dalla cultura più che dalla ginnastica? ‑Sì. ‑E nella cultura metti anche quella che si fonda sulla parola? ‑ Certo.‑ E questa presenta due tipi: quello che ha un contenuto di verità, e quello che ha un contenuto di finzione? ‑Sì. (377a) ‑E dovremo educare con entrambi, e magari partire da quello che ha per contenuto la finzione? ‑Non capisco quel che vuoi dire, disse. ‑Non vedi che per prima cosa ai bambini raccontiamo delle favole? E queste, in sostanza, non sono che finzioni ingannevoli, anche se contengono un po' di verità. Cioè educhiamo i bambini con le favole prima che con la ginnastica. ‑ è vero, ammise. [...]‑E non sai che in ogni cosa ciò che più conta è l'inizio, (b) e tanto più con esseri giovani e teneri? Questo è il momento più propizio per plasmarli e dar loro la forma che si  vuole. ‑Proprio così. ‑E allora, permetteremo alla leggera che ascoltino dal primo venuto delle favole inventate non si sa come, e accolgano nell'anima idee magari opposte a quelle che dovrebbero avere da grandi? ‑Assolutamente no. ‑Allora, per prima cosa dovremo sorvegliare quelli che inventano favole, (c) e approvare quelle buone ma scartare quelle cattive. E poi convincere madri e nutrici a raccontare ai bambini solo quelle ammesse, in modo da plasmare con esse le loro anime, con più cura che con le mani i loro corpi. Di quelle che si raccontano oggi, ci sarebbe da buttarne molte. [...]

 

[dal Libro III]

(386a) ‑Queste, più o meno, sono le cose [tutte buone] che dovranno sentire o non sentire sugli dèi, fin da fanciulli, quelli che dovranno venerare gli dèi e i genitori, e dare somma importanza all'amicizia reciproca. ‑Sì, disse, credo che ciò che abbiamo concluso sia giusto. ‑ Ma, volendoli anche valorosi, cosa dovremo fare? Non si dovranno dar loro anche discorsi capaci di renderli il meno possibili timorosi della morte? (b) O credi che avendo in cuore un tale timore si possa essere valorosi? ‑Per Zeus, rispose, no di certo. ‑Ma chi crede nell'Ade, e se lo immagina spaventoso, pensi tu che non avrebbe paura della morte e in battaglia la preferirebbe alla sconfitta e alla schiavitù? Assolutamente no! ‑A quanto pare, dunque, bisogna star bene attenti anche quelli che narrano dell'Ade, chiedendo loro di non rappresentarlo così negativamente, anzi di cantarne le lodi. [...] (387b) ‑ Non c'è dubbio.

[...]  ‑Ora, Adimanto, poni mente a questo: se i nostri custodi debbano essere, o no, disposti all'imìtazione. O non dipende anche questo da ciò che abbiamo detto prima, che ciascuno può far bene un'attività soltanto? ‑E come no? ‑E dunque, può uno imitare molte cose altrettanto bene di una sola? ‑No. ( 395a) ‑D'altronde, ciò non avviene nemmeno in due forme imitative che sembrano vicine tra loro, come la commedia e la tragedia... ‑Pare anche a me. ‑E nemmeno uno può essere rapsòdo e attore insieme. vero. ‑E nemmeno sono gli stessi gli attori che recitano la commedia e quelli che recitano la tragedia. (h) ‑Sì. [...] ‑E allora, se vogliamo stare al nostro discorso, per cui i custodi devono essere liberati da ogni altra occupazione per dedicarsi completamente alla libertà della Città, è necessario che non imitino nessun altro modello; oppure si ispirino a quello che debbono imparare fin da bambini, ossia gli uomini coraggiosi, temperanti, pii, liberi, e insomma dotati di ogni virtù del genere; e non imitino nulla di basso o vizioso. ‑Certo, disse. [...] (397d) ‑E allora, i generi che abbiamo detto, nella nostra Città li accoglieremo tutti, o uno dei due separato dall'altro, o uno misto dei due? ‑Se fosse per me, vincerebbe quello che imita l'uomo onesto, in forma pura da ogni mescolanza. [...]

‑E allora, completiamo la purificazione anche riguardo ai ritmi. Non dovremo escogitarne di troppo complessi né variati, ma individuare quelli che corrispondono a una vita moderata e coraggiosa, e poi forzare (400a) l'armonia e il ritmo a seguire il testo, e non viceversa. [...] (d) ‑ Certo, disse, ritmo e armonia devono adeguarsi alle parole. ‑E queste, proseguii, non corrispondono forse alle disposizioni dell'anima? Come no? 1 (40 la) ‑E in tutte le arti, [...] la sproporzione, l'aritmia e la disarmonia non sono legate a un linguaggio e a un carattere scomposto, così come l'opposto è legato al carattere dell'uomo saggio e virtuoso? ‑Senza dubbio, disse. (b) ‑E non dovremo allora sorvegliare tutti gli artisti, in modo da impedir loro che riproducano squilibrio e dissolutezza, volgarità e bassezza nei dipinti, nelle costruzioni e in ogni altra opera? E a chi non sa farlo, vietar l'arte, per evitare che i custodi, crescendo tra immagini di vizio, (e) [...] accolgano nell'anima senza saperlo un gran male? Non cercheremo piuttosto quegli artisti che per loro natura perseguano ciò che è bello ed onesto, in modo che i nostri giovani ne traggano beneficio, come da un luogo salubre, (d) [...] e fin da bambini, senza rendersene conto, siano tratti a concordia e amicizia reciproche, secondo retta ragione? ‑Certo, ammise, così sarebbe educati in modo eccellente.

(403c) ‑Dopo la musica, i giovani vanno educati con la ginnastica. ‑ Certo. ‑E anche in essa vanno educati con cura, fin dalla prima infanzia (d) e per tutta la vita. [...] Sono d'accordo. [...] (e) ‑Bene, abbiamo già accennato che ai nostri è vietata l'ubriachezza, che è un non sapere dove si è e dove si va. ‑Certo, osservò, sarebbe ben strano che un custode richiedesse custodia. ‑E quanto all'alimentazione? 1 nostri custodi non sono come gli atleti della gara più importante? ‑Senz'altro. (404a) ‑ Converrebbe dunque anche a loro il regime seguito dagli atleti? ‑Forse. ‑A me pare un regime soporifero e pericoloso per la salute. Vedi bene che passano la vita a dormire e appena si discostano dalla solita dieta cadono in malattie serie e gravi. ‑Lo vedo sì. ‑Ci vorrebbe, conclusi, un regime più adatto ad atleti preparati per la guerra, che devono essere sempre vigili come cani, con la vista e l'udito acutissimi, e avere una salute solida, visto che spesso, in guerra, devono cambiare acque, cibi (b) e clima, dall'ardore dell'estate al rigore dell'inverno. ‑Pare anche a me. ‑E non è allora la ginnastica migliore sorella di quella musica di cui abbiamo appena parlato? ‑In che senso? Nel senso di essere semplice ed equilibrata, e mirata alle operazioni di guerra. [...] Anche Omero dà utili insegnamenti ... [...] (e): niente cibi bolliti, ma alla brace... e niente condimenti (d) e manicaretti... e amanti lascive. ‑Per forza! ‑Dunque, non sbaglierei a paragonare questa dieta alla melodia e al canto (e) in cui ci siano tutte le armonie e i ritmi. ‑Come no? ‑Là la sregolatezza produceva dissolutezza, qui malattia. La semplicità della musica, invece, genera temperanza nell'anima, e la semplicità della ginnastica salute nel corpo. ‑è proprio vero, disse. [...]