! da Nietzsche

1.                Cfr. Umano troppo umano (1880), af. 1

1.1.            Quale il programma di Nietzsche, enunciato in questo passo introduttivo di Umano, troppo umano, e quali i rischi e le implicazioni che il filosofo intravede in tale programma?

1.1.1.                  Nietzsche enuncia il programma di una “una chimica delle idee e dei sentimenti morali, religiosi ed estetici”,

1.1.1.1.              ma teme che pochi avranno voglia di seguirlo in tale indagine, che ha poco di “umano”, posto che gli uomini non amino (o forse non possano permettersi il lusso di) scoprire l’origine “bassa” (materiale, chimica) di valori che intendono come “alti” (spirituali).

2.                Cfr. Umano troppo umano (1880), af. 92

2.1.            Quale l'origine della giustizia, quale è immaginata in questo testo da Nietzsche, e quale la funzione della dimenticanza?

2.1.1.                  La giustizia nasce, a partire dal presupposto di un radicale egoismo degli uomini, attenti soltanto a soddisfare il loro desideri e a evitare di essere danneggiati, come “compensazione e scambio, in base al presupposto di una posizione di forza all'incirca pari” .

2.1.1.1.              La dimenticanza di questa stessa origine permette di conferire un’alta valutazione della giustizia, ossia, essenzialmente una valutazione “morale”.

3.                Cfr. Umano troppo umano (1880), af. 107

3.1.            Quale la tesi di fondo espressa in questo testo e in che cosa consiste la sua novità?

3.1.1.                  Secondo Nietzsche “fra buone e cattive azioni non esiste una differenza di genere, ma tutt'al piú di grado”, dal momento che tutte le azioni sono l’effetto di un desiderio di godimento.

3.1.1.1.              La novità di questa tesi consiste appunto nell’attribuire una comune origine amorale ad azioni valutate, a posteriori, in modo opposto, negando implicitamente ogni distinzione tra merito e colpa.

4.                Cfr. Aurora (1881), af. 105

4.1.            Quale la tesi paradossale espressa in questo testo e in che cosa sembra correggere o precisare quella contenuta nell'aforisma n. 92 di Umano troppo umano?

4.1.1.                  Gli uomini, sebbene appaiano tutti radicalmente egoisti, in realtà - questa la tesi paradossale - “non fanno nulla per il loro ego, bensí soltanto per il fantasma dell'ego”, ossia per quella “finzione” con cui ci si identifica sulla base del sentire comune[1].

4.1.1.1.              Questa tesi paradossale sembra precisare l’ipotesi dell’egoismo radicale su cui si fonderebbe anche la giustizia, espressa nell’aforisma 92 di Umano troppo umano: anche questo egoismo appare ora un effetto, un fantasma, il prodotto del condizionamento sociale sul singolo.

5.                Cfr. La gaia scienza (1882), af. 116

5.1.            Questo testo può rappresentare una spiegazione di quanto descritto nel precedente. In che termini?

5.1.1.                  Se “la moralità è l'istinto del gregge nel singolo”, come Nietzsche qui afferma, allora anche la rappresentazione che ciascuno si fa di sé e dei propri desideri (il proprio “fantasma dell’ego”) potrà essere un effetto di questo condizionamento sociale.

5.2.            Quale ruolo potrebbe giocare la dimenticanza (cfr. n. 92 di U.t.u.) ai fini dell'"educazione" descritta in questo testo?

5.2.1.                  Secondo Nietzsche “con la morale il singolo viene educato ad essere funzione del gregge e ad attribuirsi valore solo come funzione”.

5.2.1.1.              Ma sappiamo che la morale nasce quando ci si dimentica l’origine egoistica della giustizia.

5.1.2.1.1..                   Dunque la dimenticanza di questa origine rende possibile al singolo concepirsi come funzione del gregge: l’educazione a cui il singolo viene sottoposto (ai fini di quella che oggi chiameremmo la sua “socializzazione”) implica questo necessario oblio.

6.                Cfr. Al di là del bene e del male (1886), af 260

6.1.            Quali in sintesi le principali differenze tra morale dei signori e morale degli schiavi?

6.1.1.                  La morale dei signori è essenzialmente “autoglorificazione”, “potenza che vuole straripare”, “creazione di valori”, “fierezza”, mentre la morale degli schiavi è una morale utilitaria che pone al proprio vertice valori stabili, funzionali alla vita degli schiavi stessi, quali “umiltà”, “gentilezza”, “generosità” ecc.

6.2.            Confronta la tesi espressa qui da Nietzsche con il concetto marxiano di ideologia?

6.2.1.                  Per Marx come per Nietzsche la morale si fonda su “bisogni” inconfessabili, legati all’istinto e alla vita materiale, dunque è essenzialmente una “mistificazione” funzionale all’interesse di un gruppo o una classe;

6.2.1.1.              ma, mentre per Marx essa è dettata essenzialmente dalla “classe dominante” e si configura, appunto, come “ideologia” o elemento della “sovrastruttura”,

6.2.1.2.              per Nietzsche essa è dettata prevalentemente dagli “schiavi” o da chi si oppone alla classe dominante, mosso dall’invidia, (i “sacerdoti”) e si configura soprattutto nelle forme storiche religiose dell’ebraismo e del cristianesimo.

7.                Cfr. Genealogia della morale (1886), [Torino, Adelphi, pp..283-85]

7.1.            Quale la spiegazione che N. fornisce ora dell'origine della moralità (e della stessa umanità), a partire dal dato particolare della "cattiva coscienza"?

7.1.1.                  La moralità nasce con l’intero mondo spirituale da un’“interiorizzazione” dell’uomo e dei suoi istinti, non più rivolti verso l’esterno ma costretti a rivolgersi contro l’uomo stesso, per ragioni di sopravvivenza.

7.1.1.1.              La cattiva coscienza o senso di colpa, in particolare, è l’erede interiore delle minacce e delle punizioni esterne che l’uomo, come animale sociale, subiva dai suoi simili[2].

8.                Cfr. Crepuscolo degli idoli (1886) - Errore dello scambio di causa ed effetto

8.1.            In che cosa consiste, in campo etico, quello che qui N. chiama l'errore dello scambio della causa per l'effetto?

1.1.1.1.              Apparentemente un’azione, in quanto è moralmente rilevante, segue a una deliberazione o libera intenzione, nella quale risiederebbero il merito o la colpa dell’azione stessa.

1.1.1.1.1..                    All’eventuale colpa dovrebbe razionalmente seguire la punizione (come al merito il premio).

1.1.1.2.              In realtà, a un’azione moralmente neutra, in quanto puro effetto dell’istinto, seguono premio o punizione, a seconda che l’azione sia più o meno funzionale al contesto.

2.                Cfr. Il viandante della sua ombra

2.1.            N. torna di nuovo sulla relazione tra origine della moralità e dimenticanza. In che termini?

2.1.1.                  Nietzsche ribadisce che le azioni degli uomini vengono interpretate come morali soltanto in quanto se ne dimentica l’origine utilitaristica.

8.2.            Alle luce di tutti questi testi esponi sinteticamente ciò che N ritiene di avere "scoperto" nella sua ricerca "genealogica" riguardo all'origine dei sentimenti morali e alla maniera in cui essi oggi contraddistinguono l'essere umano (prima dell'avvento del "super-uomo")

8.2.1.                  Nietzsche, con la sua “chimica dei sentimenti morali”, ritiene di avere smascherato l’origine amorale di questi sentimenti stessi.

8.2.1.1.              Gli istinti primordiali, legati al desiderio di potenza o semplicemente di sopravvivenza, sono la fonte della ricerca di un equilibrio (la giustizia) e della necessità di dimenticare questa stessa origine, dando luogo a due fondamentali tipi di morale:

8.1.2.1.1..                   quella dei “signori”, funzionale al desiderio di potenza, molto vicina alla sorgente “egoistica” di ogni morale

8.1.2.2.1..                   e quella dei “servi”, funzionale al desiderio di sopravvivenza, che ha dimenticato del tutto la propria origine e introdotto i valori dell’umiltà, della sottomissione, dell’amore del prossimo,

8.2.1.1.2.1.                 in cui oggi siamo immersi, i quali, tuttavia, tradiscono continuamente la loro natura di “maschere”, ossia l’ipocrisia essenziale di chi se ne fa bello.



[1] Non può sfuggire l’analogia tra questa nozione di “fantasma dell’Io” e la successiva elaborazione psicanalitica del medesimo tema, soprattutto da parte di Lacan.

[2] In tale “figura” è possibile scorgere l’annuncio di quella funzione psichica che Freud denominerà “super-Io”.