Supponiamo di dover scegliere fra il restare a casa a studiare e l'andare al cinema. Supponiamo che io scelga di andare al cinema, perché oggi è sabato e posso studiare anche domani. Formulerò quindi la proposizione "Tutto considerato, è bene andare al cinema" e mi comporterò di conseguenza. La scelta non sarà una scelta compiuta in condizioni di indifferenza: farò un'attenta valutazione della situazione, e cioè soppeserò i pro e i contro di entrambe le possibilità e valuterò dove, tutto considerato, risiede il bene maggiore. Individuare il bene maggiore e cioè ]'azione che è bene, tutto considerato, che io compia, equivale a formulare il giudizio che il fare una certa cosa è realizzare il bene maggiore e tale giudizio sarà la conclusione di un ragionamento. Il passo successivo sarà realizzare questo bene maggiore con il uno comportamento. In altre parole, io tenderò spontaneamente a realizzare il bene che avrò visto e cioè compreso con l'occhio della mia mente, ossia con la mia intelligenza, e lo farò senza subire alcuna costrizione, bensì Spirito unicamente dalla forza delle mie motivazioni, che emergono dalla deliberazione precedente. Così facendo eserciterò la mia libertà come capacità di scelta in base a motivazioni psicologiche.

L'azione libera segue quindi dal giudizio ma è nel giudizio che si esprime la vera libertà, e cioè in un giudizio che non sia il risultato dell'abitudine o del l'educazione, ma che sia il prodotto di una niente per così dire integra, e cioè in grado di esci‑citare la propria intelligenza al massimo delle sua potenzialità Sono dunque libere quelle azioni la cui origine risiede unicamente nell'agente, che è, lo ricordiamo, un agente psicologico e cioè un agente il cui potere di azione si esprime essenzialmente nell'ambito mentale, che non è riducibile al fisico. Nell'età moderna, il teorico più rappresentativo di questa concezione della libertà è Cartesio.

Per comprendere la concezione cartesiana di libertà è allora opportuno ricordare quanto segue: il primo luogo, quando Cartesio parla di libertà in riferimento all'agire, il tipo di azioni che egli considera sono le azioni della res cogitans e il modello di azione a cui Si riferisce è costituito dall'attività di giudicare Se una particolare proposizione sia vera oppure falsa. In secondo luogo, le proposizioni non sono solo proposizioni conoscitive, ma anche proposizioni pratiche. Per esempio, non sono solo proposizioni come "Le cose materiali sono necessaria mente estese", ma anche proposizioni pratiche generali come "È bene riflettere prima di giudicare", "'È bene studiare prima di divertirsi". La libertà di agire in senso lato dipende dalla libertà di giudicare (e cioè dalla libertà di agire in senso stretto). In terzo luogo, il problema fondamentale coli cui Cartesio si misura è il problema dell'errore, sia in ambito conoscitivo sia in ambito pratico: come fare a distinguere il vero dal falso, il bene dal male?

Le  tesi principali che caratterizzano la teoria cartesiana della libertà sono le seguenti: la "libertà di giudicare" è la libertà di dare il proprio assenso a una particolare proposizione oppure di negarlo. L'errore risiede nel dare l'assenso a una proposizione che non è evidente (l'esperienza dell'evidenza è l'esperienza che accompagna la percezione della verità). Il punto di partenza dell'analisi cartesiana è l'analisi dell'esperienza sia dell'assenso alle idee che si presentano come certe, sia l'analisi dell'esperienza del dubbio, cioè della sospensione dell'assenso. La sospensione dell'assenso è il nucleo dell'esperienza della libertà come indifferenza. Infatti, percepiamo la nostra libertà nel momento in cui riusciamo a negare il nostro assenso anche a quelle idee che ci appaiono le più certe. Nell'esercizio di questa sospensione e quindi nell'attività del dubitare, facciamo esperienza, coli estrema chiarezza, dell'ampiezza della nostra libertà. La nostra volontà è infatti tanto più libera quanto più riesce a negare il proprio assenso a qualsivoglia idea, anche alle idee che si presentano come certe. In altre parole, la volontà è tanto più libera quanto più essa è indifferente al fatto che le idee si presentano alla mente come dotate di un valore di verità.

L'indifferenza è però legata a una condizione d'ignoranza. Infatti, quanto più conosciamo il vero e il bene, tanto più siamo spiriti ad aderirvi. Di conseguenza, l'indifferenza è il grado più basso di libertà.

La vera libertà deve essere intesa come spontaneità e capacità di scelta, e cioè come adesione volontaria a ciò che appare giusto o buono. In altre parole, la libertà (di giudicare) non risiede tanto nella nostra capacità di affermare o di negare qualsivoglia idea bensì nel nostro essere così determinati nell'affermare o nel negare, da non sentire alcuna forza esterna che ci determini a farlo: se percepiamo qualcosa chiaramente e distintamente, siamo irresistibilmente e al tempo stesso liberamente spinti a darvi il nostro assenso e cioè a credervi: ex magna luce in intellectu magna consequuta est propensio in voluntate. Lo slancio con cui aderiamo al vero e al bene non è affattto incompatibile coli la nostra libertà, ma al contrario ne rappresenta la perfezione. Lo slancio nell'aderire al vero e al bene è immediatamente percepito dal soggetto agente: in tal senso, nulla è più evidente del sentimento della nostra libertà.